Piano Pastorale 2009/2010

 

 

IL BENE COMUNE

 

 

STILE DI VITA

NELLA COMUNITA’ CRISTIANA

 

 

Pronti! Via! È l’esclamazione d’inizio di una gara. Serve a raccogliere i partecipanti, li fa partire tutti insieme. Pronti! Via! È il grido di questa domenica (18 ottobre 2009) di apertura dell’anno pastorale.

Oggi diamo il via al cammino di tutte le attività parrocchiali, partiamo insieme. Il consiglio pastorale ci indica la meta. Già dall’anno scorso ha fatto proprio il tema del bene comune. Ques’anno lo riafferma, con lo scopo di farlo diventare lo stile di vita della nostra comunità. Al bene comune ci si forma, superando egoismi e rigidità. Il bene comune si pratica, testimoniando il Vangelo in uno stile di vita solidale.

Una prima meta per tutti noi è FORMATIVA, per “imparare” il bene comune. Il consiglio pastorale per questo scopo crede indispensabile mettersi in ascolto della Parola di Dio. Propone un itinerario formativo per tutti gli adulti che frequentano la parrocchia, in particolare gli operatori parrocchiali, ma anche i genitori, primi annunciatori della fede ai propri figli, semplicemente chiunque desidera rendere più adulta la propria fede. Si tratta di un incontro mensile in cui l’ascolto della Parola di Dio ci aiuterà a fare luce su alcune esperienze importanti per la nostra vita di tutti i giorni:

lavoro - famiglia - appartenenza alla società civile.

L’incontro sarà guidato da un biblista, un esperto che ci aiuterà ad entrare nella ricchezza della Scrittura, ma che lascerà anche tempo per meditare e confrontarci su come attualizzare la Parola nella nostra vita. Questo itinerario è stato condiviso con il consiglio pastorale di Bresseo-Treponti e sarà percorso insieme. Il primo appuntamento sarà a partire da novembre. Maggiori dettagli saranno offerti al più presto.

La seconda meta riguarda la testimonianza di carità, in uno STILE DI VITA SOLIDALE.

Il consiglio pastorale presenta l’iniziativa della “Domenica della solidarietà”. A cadenza mensile la comunità sarà invitata a prendersi cura concretamente di situazioni di necessità vicine e lontane. Alcuni semplici esempi:  la raccolta dei generi alimentari per gli ospiti delle cucine popolari; il mercatino equo-solidale e la cooperazione con il sud del mondo. Saremo stimolati a scegliere uno stile di vita solidale con i poveri o chi è in difficoltà in mezzo a noi, lasciandoci coinvolgere da chi opera sul campo: i missionari amici nella giornata missionaria mondiale, le associazioni presenti nella nostra stessa comunità (per esempio Bashù, attiva nella cooperazione con l’Africa); il “Centro Interparrocchiale di Solidarietà” che si prende cura di chi tra noi non riesce a far fronte alle necessità primarie. Ci inviteremo ad essere generosi e disponibili nelle situazioni di emergenza: come è stato per l’Abruzzo daremo il nostro contributo agli alluvionati in Sicilia. Si tratta di mettere un volano alla nostra generosità, renderla una buona risposta quotidiana.

Un proverbio africano dice: “Se vuoi arrivare primo, corri da solo. Se vuoi andare lontano, cammina insieme”. Lo doniamo a tutti gli operatori pastorali che operano nella nostra comunità, dalla catechesi alla centro parrocchiale, dal servizio liturgico al consiglio pastorale stesso. Nei gruppi e nelle attività andare lontano e camminare insieme significherà essere coinvolti  e capaci di coinvolgere altri in queste iniziative. È una delle responsabilità che abbiamo nel nostro servizio alla comunità. Il bene comune cresce facendosi promotori di scelte condivise e accompagnando chi desidera conoscere e vivere queste proposte. Buon anno pastorale a tutti.

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In ascolto della Parola di DioPrima Meta: FORMATIVA

 

“Imparare” il bene comune e farlo diventare “stile di vita nelle comunità cristiane”

 

Un tempo di ascolto e confronto guidato da don Marcello Milani

Approfondimento dei temi lavoro, famiglia e cittadinanza alla luce della Parola di Dio

Ore 21.00 in sala don Giuseppe

 

 

  09 nov. 2009     Lavorare: perché?

                           Auto-realizzazione e produzione di ricchezza

 

Il lavoro come fonte di dignità è conquista abbastanza recente nella coscienza culturale. Pensiamo all’antica divisione tra otium et negotium nel mondo greco-romano. Le persone guida si dedicano alla «quiete» e alla riflessione: i filosofi, che spesso si impegnano a delineare teorie politiche, ossia sulla vita della pólis, la città. Nella Bibbia gli fa eco il Siracide nella rassegna delle «professioni» (Sir 38,24-39,11). Il concetto di autorealizzazione e produzione della ricchezza si sviluppa in ambito liberale e calvinista, abbinato all’idea del continuo progresso che valorizza la capacità produttiva.

La Bibbia? Ritiene il benessere frutto di un impegno intelligente, ma anche dono di Dio. Per offrire un aiuto alla riflessione sviluppiamo alcuni aspetti - compresi quelli ambigui - mediante due testi.

Preghiera: Sal 128(127)

* Beato chi teme il Signore

e cammina nelle sue vie.

* Della fatica delle tue mani ti nutrirai,

sarai felice e avrai ogni bene.

* La tua sposa come vite feconda / nell’intimità della tua casa;

i tuoi figli come virgulti d’olivo / intorno alla tua mensa.

* Ecco, com’è benedetto l’uomo / che teme il Signore.

* Ti benedica il Signore da Sion.

Tu possa vedere i figli dei tuoi figli!

Pace su Israele!...

Gloria al Padre e al Figlio…

Gen 2,4b-8 e il giardino di Eden

Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo, nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non c’era uomo che lavorasse il suolo, ma una polla d’acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo.

Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere dal suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente.

Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato…

Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.

 

Parola di Dio – Rendiamo grazie a Dio.

·        Dio opera nel creare l’uomo e il mondo (cf Gen 1). A immagine di un vasaio plasma l’uomo, ne fa un’opera d’arte e vi infonde la sua vita con il suo respiro (così Gesù con il sordomuto: sospirò-effatà). Come un contadino pianta il giardino, lo abbellisce e rende prezioso (è il bel mondo perfetto: cosmo), lo dona (prese e pose) e affida all’uomo (perché lo coltivasse e custodisse, cf Gen 1,26-28). E Dio continua a creare nella storia (Is 40-55).

·        Il mondo deve la sua efficienza e perfezione anche all’opera dell’uomo: lavora il suolo; anche se poi, lo stesso suolo, per il male dell’uomo che può agir male, diventa sterile e non risponde alla fatica umana, è distrutto (Gen 3-4; 6). Non mancano la frustrazione e la prova: il lavoro senza soddisfazione, o il lavoro per sé, per il proprio star bene (l’uomo ricco che accumula e cerca la pace nei suoi beni, là pone il suo cuore: «riposa, mangia, bevi e divertiti», Lc 12,16-21; cf Am 6,4-6 e il ricco che banchettava in Lc 16,19-31).

·        Compito dell’uomo è coltivare o servire Dio (dar culto anche con il lavoro) e custodire: è il lavoro che costruisce il  mondo e il suo ambiente, compresa la propria famiglia.

·        Conclusione: il lavoro è una possibilità da valorizzare perché possa rendere felici e soddisfatti mediante un operare onesto e vissuto in serena solidarietà (cf Sal 128/127: beato-felice e benedetto, una benedizione che si diffonde).

Seconda Lettera ai Tessalonicesi 3,6-15

Fratelli, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, vi raccomandiamo di tenervi lontani da ogni fratello che conduce una vita disordinata, non secondo l’insegnamento che vi è stato dato da noi.

Sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo stati oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi (cf 1Ts 2,9). Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare.

E infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: Chi non vuole lavorare, neppure mangi.

Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità.

Ma voi, fratelli, non stancatevi di fare il bene.

Se qualcuno non obbedisce a quanto diciamo in questa lettera, prendete nota di lui e interrompete i rapporti, perché si vergogni; non trattatelo però come un nemico, ma ammonitelo come un fratello.

 

Parola di Dio – Rendiamo grazie a Dio.

·        L’apostolo si propone come modello di operosità (lo dirà sempre, cf At 20), per un motivo pratico: non pesare ad alcuno e insegnare la vita concreta fatta di impegno e responsabilità.

  • Il non lavoro di alcuni era motivato dall’attesa della venuta imminente del Signore: agitati e senza impegno, e di peso alla comunità. Il taglio dei viveri li avrebbe costretti a pancia vuota e fuori della comunità (non più mantenuti dagli altri), avrebbe consigliato migliori pensieri!
  • Il non lavoro è anche assenza di impegno nella storia: si fugge sognando il futuro e non assumendo il presente. Segno contrario, il servo fedele anche in assenza del Signore e che si prende cura di tutta la servitù (Lc 12,37-39.42-44), diverso dai servi incoscienti e indolenti che bastonano gli altri e si ubriacano: intontimento psichico e spirituale rappresentato nelle ubriachezze o nella ricerca affannosa della ricchezza – la ricerca del solo presente, del tutto e subito. Non si vuol pensare né assumere responsabilità (Lc 12,45-46).
  • Lavoro dunque come segno e modo di impegno e assunzione pubblica di responsabilità, di attenzione alla storia, di costruzione della comunità insieme agli altri, di servizio – è ricerca e collaborazione alla costruzione del Regno. Dunque: «Non stancarsi di fare il bene».
  • Lavoro come atto di solidarietà e competenza non solo di competizione sfrenata. È l’intuizione dell’Encliclica Centesimus annus: «La destinazione universale dei beni», soprattutto nei beni spirituali che si moltiplicano solo per diffusione e dispersione, come la cultura, la carità, i valori che danno il gusto di vivere. Ma ha tante implicazioni. È passaggio dall’uso del mondo come rapina, alla costruzione del mondo nella condivisione.
  • La nuova coscienza del lavoro sarà frutto di una solidarietà culturale che comunque ci fa sentire sempre «fratelli» anche di quelli che dobbiamo ammonire o con i quali ci possiamo scontrare. D’altra parte, Paolo, nella Prima Lettera agli stessi Tessalonicesi, si sentiva «madre» amorevole che ha cura, ma anche «padre» che ha come compito di «esortare, incoraggiare e scongiurare di comportarsi sempre in maniera degna di Dio» (2,7.11-12).

Preghiera conclusiva: Prov 30,7-9

Solista

«Io ti domando due cose, / non negarmele prima che io muoia:

Tieni lontano da me falsità e menzogna,

non darmi né povertà né ricchezza,

ma fammi avere il mio pezzo di pane (= il pane quotidiano o necessario),

perché una volta sazio, io non ti rinneghi / e dica: “Chi è il Signore?”,

oppure, ridotto all’indigenza, non rubi / e abusi del nome del mio Dio».

Anche noi diciamo: Padre Nostro… dacci oggi il nostro pane quotidiano (Cibo, Parola, Eucaristia)

 

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14  dic. 2009      Lavorare: come?

                                            Attenzione al creato e alla sobrietà dei consumi

 

Salmo 127(126): il lavoro è vano se non è fecondato da Dio

- Se il Signore non costruisce la casa, * invano si affaticano i costruttori.

- Se il Signore non vigila sulla città, * invano veglia la sentinella.

- Invano vi alzate di buon mattino e tardi andate a riposare, +

voi che mangiate un pane di fatica: * al suo prediletto, egli lo darà nel sonno.

- Ecco, eredità del Signore sono i figli, * è sua ricompensa il frutto del grembo.

- Come frecce in mano a un guerriero * sono i figli avuti in giovinezza.

- Beato l'uomo che ne ha piena la faretra: +

non dovrà vergognarsi quando verrà alla porta * a trattare con i propri nemici.

- Gloria al padre…

 

>>> Per valutare il nostro lavoro, partiamo dal riposo: dal sabato per Dio al sabato per l’uomo.

 

Genesi 2,1-4a sabato per Dio

Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò (sabat) nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando.

 

Esodo 20,8-11

«Ricordati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto..., ma si è riposato (nuah) il settimo giorno».

 

Dt 5,12-15 (cf Es 23,12): sabato a dimensione umana

«Osserva il giorno del sabato per santificarlo, come il Signore, tuo Dio, ti ha comandato… È il sabato in onore del Signore... Ricordati che sei stato schiavo nella terra d’Egitto…».

 

Primo testo (Genesi): l’operare di Dio modello di riferimento per il sabato dell’uomo.

 

1/ Cessare (sabat/sabato) e portare a compimento/perfezionare, che comprende il contemplare.

= Ben più di un semplice riposo per recuperare forze, il sabato è giorno in cui, «a somiglianza di Dio»:

·           L’uomo contempla l’opera delle proprie mani, ne indica il valore; riflette sul significato del proprio lavoro come partecipazione e obbedienza all’opera di Dio Creatore (cf Sal 8); tralasciando l’operare e addentrandosi in una prolungata contemplazione, dà senso e valore.

·           L’uomo riconosce la sua dignità di fronte alla grandezza dell’opera divina ed evita il pericolo di idolatrare la propria opera: fare del nostro lavoro una divinità a cui immolare la nostra vita. Il lavoro umanizza, non deve schiavizzare; l’homo faber si completa nella dimensione religiosa.

 

2/ Dio benedisse e consacrò. Il riposo non è passivo, bensì attivo.

·           La benedizione dall’uomo (Gen 1,27ss) si estende al tempo che Dio riserva a sé: giorno fecondo, portatore di prosperità; e sarà santo come Dio. Il riposo, per la tradizione ebraica, diventa segno di pace (nuah/riposo) e felicità, senso di armonia con il mondo e gli uomini.

·           Dio consacra o riserva a sé il sabato, perché lo offriamo a lui come «decima» del tempo, riconoscendo che tutto il tempo suo e suo dono. Con il tempo indirizziamo a Lui tutta la sua creazione: tutto il cosmo ritorna a Dio, e Dio viene ad abitare nel tempo (sabat|sebet, abitare).

3/ È giorno senza tramonto, eterno: dà il sapore dell’eternità; cf l’ottavo giorno cristiano, nel quale Dio inizia di nuovo a creare, in Cristo risorto, uomini e mondo nuovi.

  • Giorno della gratuità e del dono, della festa dalla fatica, anticipazione del regno in cui non ci saranno più bisogni e necessità della fatica per soddisfarli.
  • Occorre «ricordare», far memoria, per celebrare la continua azione creatrice di Dio, le mirabilia che continua a compiere nel mondo e in ciascuno di noi nella vita quotidiana.

 

4/ Sabato per l’uomo (Esodo e Deuteronomio)

  • Schiavitù = perenne lavoro; riposo = segno di libertà. Esige attenzione alle persone, tutte
  • Rivendica solidarietà, fraternità, gratuità = attenzione alla qualità delle relazioni, tra Dio e l’uomo e tra uomo e uomo = «Santificare» è avvicinarsi a Dio e lasciarsi da lui avvicinare, ma anche prestare attenzione alla qualità delle relazioni umane. Non il lavoro in sé, né il riposo da solo, incontri liberanti danno nuova coscienza. Il lavoro umanizza, non deve schiavizzare. Astenersi dal lavoro è completare l’opera di umanizzazione dei giorni precedenti.
  • Gli stessi limiti e proibizioni possono avere un significato. Gli ebrei limitati anche nello spazio – non devono uscire dal proprio centro abitato oltre un breve tratto. Al di là del precetto, il simbolo invita a prendere coscienza di ciò che si vive in famiglia, delle persone con cui si condivide la storia, anche di quello spazio corporeo che ognuno di noi è, del rapporto con gli oggetti che lo circondano e con gli spazi privati e pubblici in cui vive.

 

La disputa di Gesù con i farisei sul sabato aiuta ulteriormente a comprendere questo significato.

 

Dal Vangelo secondo Marco 2,27-3,5

[Dopo una disputa con i farisei Gesù] diceva loro: «Il sabato è per l’uomo e non l’uomo per il sabato. Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato».

Entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era là un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guarisse in giorno di sabato, per accusarlo. Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita (= una persona) o ucciderla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei cuori (=  mente), disse all’uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita.

 

Il sabato è il giorno dell’amore misericordioso, di incontri con segni di speranza e liberazione.

·           Il «Signore del Sabato» non disprezza il riposo, ma ne indica il significato profondo: imitare la giustizia e perfezione di Dio (Mt 5,48, cf vv.21-48).

·           Il riposo non è tempo vuoto o pura distensione, ma tempo attivo, nella carità, per mostrare la lealtà e la fedeltà di Dio verso l’uomo. I liberati, liberi per Dio, sanno offrire liberazione.

·           Gesù supera le tradizioni umane del semplice non fare o della pura distensione fisica (Week End) o della semplice ricerca del mio «star bene».

Così la domenica è per dare continuità e significato a tutta la nostra opera feriale: incontro con Cristo e le persone, contemplazione e riflessione, attenzione a sofferenze e debolezze…

 

Conclusione

Salmo 8: L’uomo contemplativo coglie nuove domande e assume responsabilità.

La fede diventa lode al Signore che pone i suoi segni in tutta la terra

- O Signore, Signore nostro, * quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!

- Voglio innalzare sopra i cieli la tua magnificenza, * con la bocca di bimbi e di lattanti:

- hai posto una difesa contro i tuoi avversari, * per ridurre al silenzio nemici e ribelli.

- Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, * la luna e le stese che tu hai fissato,

- che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, * il figlio dell’uomo, perché te ne curi?

- Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, * di gloria e di onore lo hai coronato.

- Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, * tutto hai posto sotto i suoi piedi:

- tutte le greggi e gli armenti * e anche le bestie della campagna, ù

- gli uccelli del cielo e i pesci del mare, * ogni essere che percorre le vie dei mari.

- O Signore, Signore nostro, * quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!

 

Padre nostro

 

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11  gen. 2010   Le relazioni familiari

                                            I legami che ci costruiscono

 

Un fatto simbolico: il Pane (cf articolo riportato alla fine) e le relazioni fondamentali da coltivare. Non entro nei particolari (si può discutere), ma nella simbologia da curare, perché prendere cibo insieme ridiventi realtà di “famiglia”, simbolo di vita condivisa.

Le relazioni fondamentali: paternità/maternità, figliolanza, fraternità/“sororità”. Non prive di ambiguità, con desideri e realtà non attuate, da scoprire e purificare. Tanto da dire: padre “padrone”, madre “possessiva”, figlio “viziato”, fratelli “coltelli”. Amore, dono e aggressività spesso si confondono e si mischiano tra loro. Tuttavia, il simbolo permane con la sua forza provocatoria: dei legami e delle possibilità da scoprire e coltivare. Iniziamo con un salmo su Dio “Padre”.

 

Salmo 103 (102)

* Benedici il Signore, anima mia, / quanto è i n me benedica il suo santo nome.

Benedici il Signore, anima mia, / non dimenticare tutti i suoi benefici… .

* Egli perdona tutte le tue colpe, / guarisce tutte le tue infermità,

salva dalla fossa la tua vita, / ti circonda di bontà e misericordia,

sazia di beni la tua vecchiaia, / si rinnova come aquila la tua giovinezza…

* Misericordioso e pietoso è il Signore, / lento all’ira e grande nell’amore…

Perché quanto il cielo è alto sulla terra, / così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono;

quanto dista l’oriente dall’occidente, / così egli allontana da noi le nostre colpe.

* Come è tenero un padre verso i figli,/ così il Signore è tenero verso quelli che lo temono,

perché egli sa bene di che siamo plasmati, / ricorda che noi siamo polvere.

* L’uomo: come l’erba sono i suoi giorni! / Come un fiore di campo, così egli fiorisce.

Ma l’amore del Signore è da sempre, / per sempre su quelli che lo temono.

 

1. Cristo Parola e rivelazione del Padre: Padri/madri e figli a immagine del Padre e di Gesù

Desiderio e tensione verso una paternità/maternità spirituale: legittima in ogni persona, padre/madre fisici e ogni educatore (anche il prete: desidera crescere con la comunità, condividere fede e carità, qualità e affetto, verificare le capacità di educatore alla vita cristiana, partecipare alla paternità spirituale con i papà e le mamme che quotidianamente incontra).

 

1.1.   La Parola descrive la paternità/maternità: è donata (benedizione e fecondità; il padre benedice), ma anche purificata (Abramo e Isacco) e ferita (i drammi familiari, cf Giacobbe e i figli in lotta), conclusa (un esempio è Giacobbe: sa che la morte lo conduce a “essere riunito al mio popolo”):

«Seppellitemi presso i miei padri nella caverna che è nel campo di Efron l’Hittita, nella caverna che si trova nel campo di Macpelà di fronte al Mamre, nel paese di Canaan, quella che Abramo acquistò…». Quando Giacobbe ebbe finito di dare questo ordine ai figli (aveva dato una benedizione particolare a ciascuno, poi le predisposizioni per la sepoltura), ritrasse i suoi piedi nel letto e spirò e fu riunito ai suoi padri. (Gen 49,29-30.33)

* “Ritrasse i piedi”: rigidità della morte o posizione fetale? In un certo modo ritorna figlio, prossimo a una rinascita e a una accoglienza presso i padri, che lo hanno preceduto e con i quali si riunisce (non è un caso, forse, che persone morenti invochino la mamma, quasi per un accompagnamento ultimo, dolce e affettuoso, verso “sorella morte”). Spesso padre/madre  morenti fanno scoprire lati nuovi e pacificanti.

* “Fu unito ai suoi padri”: la morte diventa riunione con la famiglia. Morendo il padre fa un ultimo dono, esprime il legame con i morti e con coloro che lascia sulla terra. La “memoria” di lui fatta dai figli non è semplice ricordo nostalgico, fa rivivere la vita, come una “memoria liturgica”, prolungamento eucaristico con l’offerta ultima della vita.

1.2.   L’esperienza di Gesù Figlio

«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena (Gv 15,9-11)».

* Gesù è legato al padre dall’amore che tende a un progetto: questo crea la gioia di vivere. Condivide un «piano» di amore sul mondo = tutto tende al Padre, alla sua volontà; così nel credente.

* Ne deriva la totale fiducia nel Padre con la quale conclude la sua vita (così, Stefano. At 7). Ogni paternità e figliolanza umana trova la sua realizzazione in Dio, diventa testimonianza e partecipazione di gioia. La coscienza di essere figli fa gridare/invocare nello Spirito di Cristo «Abbà, Padre» (Gal 4,7; Rm 8) con la stessa fiducia di Gesù: libera dall’idea di Dio «padrone» e fa pregare.

Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». Poi, si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: «Padre, se vuoi allontana da me questo calice! Tuttavia, non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Gli apparve un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente… Rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli che dormivano per la tristezza. E disse loro: ׂAlzatevi e pregate, per non entrare in tentazione» (Lc 22,40-46). Ultima preghiera: Gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito (cf Sal 31,6)» (Lc 23,46).

* Fa assumere la responsabilità di persone mature, adulte. Figlio è opposto a schiavo o minorenne: sotto il pedagogo, a suon di nerbate (Gal 4). Il figlio ha pieni diritti, è responsabile e in grado di gestire se stesso in piena libertà = “camminare” secondo Spirito e nel “frutto dello Spirito” che dà unità alla persona e la rende disponibile a Dio e agli uomini mediante la carità/agápe (Gal 5).

 

2. Fratelli a immagine di Gesù

Fratelli: realtà più difficile, oggi meno sperimentata o scontata. La Bibbia: i primi esempi sono fallimenti: Caino e la fraternità rifiutata (mai è chiamato fratello, non riconosce Abele; non elabora il disagio: colpisce e uccide, Gen 4); Giuseppe e i fratelli riconosciuti dopo un severo cammino (Gen 37-50).

* Però Gesù ha fondato una comunità di “fratelli” (Mt cf 18), nella quale diviene modello. Il Figlio riconosce gli altri figli, i fratelli: solidale con l'umanità, ne accoglie la debolezza. Eb 2,10-12:

Colui che santifica, Gesù, e coloro che sono santificati

provengono tutti da una stessa origine;

per questo non si vergogna di chiamarli fratelli,

dicendo:

Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli,

in mezzo all'assemblea canterò le tue lodi (Sal 22,23).

Gesù è partecipe della fragilità mortale dell'uomo, per questo ha gustato la morte fino in fondo. In questo modo ha potuto sconfiggere il diavolo «a nome di» e «insieme a» tutta l’umanità, della quale si è preso cura, dei cui problemi e miserie si è fatto carico.

* Il Figlio “si fa fratello” anche dello straniero, del lontano e del peccatore, e lo introduce nella sua famiglia, creando legami con partecipazione e identificandosi con lui (buon samaritano).

Scoprire la fraternità umana, a iniziare dalla famiglia di origine, significa educarci insieme ad allargare gli orizzonti, perché l’esercizio difficile dell’incontro permetta di porci in relazione con gli uomini nello stesso Spirito del Padre e di Cristo fratello.

* Allora l’incontro tra fratelli consacra (olio) e rende feconda (rugiada) la vita familiare con lo stesso potere della consacrazione e benedizione di Aronne (cf Sal 133).

 

Salmo 133 (132)

* Ecco, com’è bello e com’è dolce / che i fratelli vivano insieme!

* È come olio prezioso versato sul capo, / che scende sulla barba, la barba di Aronne, / che scende sull’orlo della sua veste.

* È come la rugiada dell’Ermon, / che scende sui monti di Sion.

* Perché là il Signore manda la benedizione / la vita per sempre.

 

La conclusione con il Padre nostro diventa quanto mai logica questa sera.

 

 

Articolo:

"Così si è perso un simbolo di amicizia" (05.01.2010 - il Corriere della Sera, pag. 25)

Che cosa fare. Enzo Bianchi: superflue tante varietà,

bisognerebbe scegliere le pagnotte che durano più giorni.

MILANO -  No, questa Italia non è più un Paese di compagni. Da intendersi, naturalmente, nel senso nobile, etimologico: persone che accettano di spezzare il pane con noi, facendone «un simbolo della condivisione, del frutto del lavoro di molti, della solidarietà, della compagnia autentica». Così la pensa Enzo Bianchi, fondatore e priore della Comunità Monastica di Bose, nei dintorni di Biella. Che oggi riflette con dolore («ne sono scandalizzato e ferito») sullo spreco di un elemento base della spiritualità cristiana.

Si chiede Enzo Bianchi: che fine hanno fatto le qualità del pane elencate nella Bibbia?. «Dov’è ormai il pane dell’accoglienza per l’ospite, quello delle lacrime che evoca le sofferenze comuni, o il pane della vita che promette un aldilà? E dove sono finiti il pane dell’amicizia o quello degli angeli?». Tutti spariti, inghiottiti nel buco nero di quei 180 quintali che ogni giorno a Milano finiscono nella spazzatura, soltanto perché non sono più fragranti come al mattino.

E fanno pensare, osserva il priore, «all’opulenza sfacciata che annulla ogni valore, spingendo a buttar via un alimento senza pensare a coloro che non l’hanno. Ma denunciano anche l’abitudine cittadina di infornare pane destinato a durare poche ore, diventando immangiabile già l’indomani. E alludono al lusso incomprensibile e ingiustificato che spinge a produrne una varietà eccessiva e invedibile, quindici o venti tipi differenti, giusto per il piacere gratuito di trasformare ciò che sarebbe necessario in puro superfluo». Facile cogliere un’eco, qui, del tema trattato da Enzo Bianchi ne Il pane di ieri (un saggio uscito l’anno scorso da Einaudi) dove il riferimento al passato non è sintomo di nostalgie pre-industriali e bucoliche, ma allusione al solido proverbio della civiltà contadina da cui tutti proveniamo: «Il pane di ieri è buono domani».

Ecco, per Enzo Bianchi tutto si corrisponde, e il valore del pane coincide con quello della cultura antica di cui ci nutriamo e della natura moderna in mezzo alla quale viviamo, in modo da creare una «armonia fra uomo e terra». Il simbolo del pane, sostiene dunque il priore, «esprime ciò che è necessario per vivere, ma anche amore per l’ecologia, la quale si esprime anzitutto nel rispetto rivolto alle cose quotidiane».

C’è anche un ricordo molto personale, struggente e diretto, nella confessione del priore: una scena che il suo ricordo ha fermato nel tempo, l’interno della casa di Castelboglione, nel Monferrato, dove suo padre esercitava la modesta professione di lattoniere. «In quella casa c’era una stanza dove si accoglievano le persone di passaggio. Potevano essere i venditori di carta da lettere, ma anche semplici mendicanti: al centro della tavola si trovavano sempre una gran forma di pane, una bottiglia di olio e un’altra di vino. Le quali, oltre a ristorare materialmente l’ospite, esprimevano rispettivamente il bisogno (il pane), la gratuità (il vino) e il nutrimento (l’olio). Messe insieme, rappresentavano l’essenziale dell’accoglienza».

Ma dov’è finito il senso profondo di tutto ciò, che in Enzo Bianchi richiama anche il simbolo biblico della vita dura («ti guadagnerai il pane con il sudore della fronte)? E chi si ricorda più, ancora, di quel pane sulla tavola che «richiamava immediatamente i campi di grano alternati alle vigne, quando il giallo che si stagliava nel cielo sembrava dilatarsi fino a colorare le tele di Van Gogh?». Persino la dimensione più alta, la preghiera al Padre che invoca «il pane quotidiano», gli sembra ormai trascurata, benché «non a caso pane e vino siano stati scelti per il sacramento cristiano, alludendo agli elementi essenziali della cultura che serve per produrli». E benché non ci sia ragazzo di liceo che non ricordi, nel bel mezzo dei «Promessi sposi», il «non c’è pane» che evoca fame e carestia, e l’assalto al forno che travolge Renzo Tramaglino.

Ma non tutto è perduto. «Vicino alla nostra comunità, nei pressi di Bose, un fornaio scalda ancora il forno a fascine, e ci restituisce con il suo pane la cifra, l’alfabeto della nostra attenzione alla terra». E domani? «L’esempio viene dalla Germania, dove negli ultimi anni tanti sono tornati all’impasto tradizionale del pane, un fenomeno straordinario che spinge a farlo durare per più giorni. Sono le vecchie ricette che tornano, la forneria tradizionale a base di segale, pensata per durare e resistere. Perché condividere con un altro la fame, il desidero di mangiare, è anche il primo impulso dell’essere umano verso la felicità».

 

Dario Fertilio

 

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08  feb. 2010     Famiglia

                         Trasmettere i valori essenziali:

                         il rapporto genitori-figli

 

 

Il tema ci introduce alle relazioni educative con problemi particolarmente scottanti e sentiti, talora con senso di impotenza. L’ultima volta non è stata ricordata la relazione tra marito e moglie o di coppia tra le fondamentali, ma si è ricordato come la coppia porti in sé il simbolo della comunità.

Ci soffermiamo ora su alcuni simboli indicativi che permangono e restano un riferimento essenziale per un rapporto educativo. Naturalmente restando nel clima della Parola.

 

1 - Il primo simbolo del rapporto familiare è la coppia. Il suo stile è il primo momento educativo.

Il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo;

voglio fargli un aiuto che gli corrisponda.

Il Signore formò con la costola che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo.

Allora l’uomo disse:

Questa volta / è osso dalle mie ossa, / carne dalla mia carne.

La si chiamerà donna, / perché dall’uomo è stata tolta.

Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie,

e i due saranno un’unica carne (Genesi 2,18.22-24).

*    La coppia è segno efficace (lo mostra in concreto) ed esigente di comunicazione: uno è il corrispondente dell’altro ha nell’altro il “rispondente”: alla pari, nel confronto e nel cammino accanto.

*    Diventa simbolo della comunità: la famiglia che ne nasce rappresenta il luogo dove le relazioni fondamentali (paternità, maternità, figliolanza e fraternità) trovano il terreno in cui crescere e maturare. Così una comunità cristiana viva, che sia di riferimento costante, è il centro efficace di educazione cristiana in una parrocchia: comunità di comunità.

 

2 - Vi è poi la casa dove si condivide la vita. Il vangelo offre il simbolo del cenacolo, luogo di grandi esperienze: ultima cena e dialoghi con Gesù (Gv 13-27); Tommaso e gli altri davanti alle apparizioni del Risorto (Gv 20); reciproca testimonianza tra discepoli e Gesù che mangia con loro anche dopo la risurrezione (Lc 24,35-48); vi avviene la Pentecoste e la preghiera con le decisioni della comunità – con un solo cuore e un’anima sola – che li preparano a uscire per andare a incontrare altri nella piazza (Atti 1-2). Vi acquistano particolare significato alcuni luoghi.

 

A) La stanza: coniugale, dei bambini o del bambino, comune o singola (troppe singole?). Matteo:

State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini…

Quando fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra,

perché la tua elemosina resti nel segreti; e il Padre tuo, che ved nel segreto, ti ricompenserà.

E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente.

Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo che vede nel segreto, ti ricompenserà (Matteo 6,1.3-6).

*    Non nega la preghiera comunitaria (cf Padre nostro). Qui la camera è il momento della propria verità davanti a Dio: ascolto di sé e di chi ci vive insieme; si ascolta il respiro prima che le parole, si avverte la presenza, si condivide lo spazio (è necessario prender coscienza del proprio spazio).

*    Dunque luogo di ascolto reciproco, di silenzio, condiviso e non imbarazzante, o di silenzi forzati che pongono domande. È luogo anche del gioco. In ogni caso, luogo della prima socializzazione, condivisione dell’intimità.

B) In una casa vi è la sala da pranzo e la tavola:

La tua sposa come vite feconda / nell’intimità della tua casa;

i tuoi figli come virgulti d’olivo / intorno alla tua mensa.

Ecco come è benedetto / l’uomo che teme il Signore (Salmo 128,3-4).

Davanti a me tu prepari una mensa / sotto gli occhi dei miei nemici.

Ungi di olio il mio capo (= segno di festa e ospitalità); il mio calice trabocca.

Sì, bontà e fedeltà  mi saranno compagne / tutti i giorni della mia vita,

abiterò ancora nella casa del Signore / per lunghi giorni (Salmo 23,6).

Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case,

prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore,

lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo (Atti 2,46-47).

*    I discepoli si radunavano nello stesso luogo e «unanimi». Spezzare il pane (quotidiano ed eucaristico) è uno dei segni portanti per la vita delle primitiva comunità cristiana.

*    È momento fortemente simbolico ed educativo, di cui oggi non si percepisce forse l’importanza.

«In quella casa c’era una stanza dove si accoglievano le persone di passaggio. Potevano essere i venditori di carta da lettere, ma anche semplici mendicanti: al centro della tavola si trovavano sempre una gran forma di pane, una bottiglia di olio e un’altra di vino. Le quali, oltre a ristorare materialmente l’ospite, esprimevano rispettivamente il bisogno (il pane), la gratuità (il vino) e il nutrimento (l’olio). Messe insieme, rappresentavano l’essenziale dell’accoglienza» (Enzo Bianchi).

*    È simbolo di accoglienza e ospitalità reciproca: stare insieme, condividendo, accompagnati dalla presenza di Dio, come avverte Salmo 23 e ribadisce Matteo: «perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Matteo 18,20).

*    È convergenza di persone diverse, esperienza di diversità e di unione: relazioni sincere (non ci si avvelena, se la famiglia non è già avvelenata prima).

*    Condividere con un altro la fame, il desidero di mangiare, è anche il primo impulso dell’essere umano verso la felicità. Il simbolo del pane, sostiene il priore di Bose, «esprime ciò che è necessario per vivere, ma anche amore per l’ecologia, la quale si esprime anzitutto nel rispetto rivolto alle cose quotidiane».

*    Diventa aiuto per uscire fuori, come i discepoli che superano la paura e vanno a incontrare e a parlare con tutti. Si erano attardano nel cenacolo per paura, ma lo Spirito li getta fuori (At 2).

 

3 - Subentrano altri simboli necessari, integrativi, globali e includenti, fuori della casa: la piazza e la strada. Vi si può accostare la scuola: è all’interno di una casa – là Gesù spiega le parabole e le cose non comprese –, ma anche fuori: Gesù insegna “per la strada”, accompagnando e interrogando, entrando nella vita. Ogni luogo vitale è luogo educativo perché coinvolge.

 

A) La piazza alla “porta” della città è luogo di ritrovo e di confronto, più del bar; luogo di vita sociale, politica e anche giudiziaria: «Come frecce i mano a un guerriero / sono i figli avuti in giovinezza. Beato l’uomo che ne ha piena la faretra: non dovrà vergognarsi quando verrà alla porta / a trattare con i propri nemici» (Sal 128,4-5).

 

B) La strada è luogo esposto (si possono fare brutti incontri), ma anche tragitto necessario per andare altrove e incontrare nuove esperienze: è il difficile traghetto verso mondi nuovi e diversi, con nuove esperienze verso la maturità. La strada fa paura: il nuovo, il pericoloso si annida spesso in luoghi impensati. Mai come oggi i ragazzi sono accompagnati da ogni parte.

*    È importante allora mettere insieme e far convergere le agenzie educative, per un confronto efficace e convergente, per apporti nuovi che maturino scelte. Ci saranno inevitabili pericoli (come le malattie portate a casa dalla scuola, che spesso fanno ammalare i genitori stessi), ma pericoli necessari per crescere, che richiedono tempo di compagnia e di confronto.

*    La Bibbia propone il viaggio di Tobia e Rafaele che accompagna e protegge il giovane insegnandogli le cose necessarie, offrendogli i suoi consigli a tempo opportuno. Il pesce lo aggredisce, ma gli insegna a domarlo e a estrargli il fegato con cui guarirà il padre. Lungo la strada incontrerà la moglie e Rafaele aiuterà la coppia (Tobia e Sara) a incontrarsi e a salvarsi.

*    Oltre il viaggio di Gesù a Gerusalemme, Luca racconta il cammino di Emmaus (Lc 24,13-35).

«Due (discepoli) erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus,… e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Ma mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro… Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?»…

Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù il Nazareno, che fu profeta potente in opere e parole davanti a Dio e a tutto il popolo, come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso».

*    Ciò che narrano è una sintesi del Vangelo vissuto. Gesù si accosta con discrezione, accoglie e fa compagnia, si inserisce nella loro vicenda e ascolta, soprattutto “fa raccontare”. Poi spiega e aiuta a capire: sapremo alla fine che il “cuore ardeva loro in petto mentre parlava”. Rigenera nuovo interesse per tutto ciò che avevano vissuto.

Trovare spazio per lasciare che ciascuno possa parlare e raccontare e raccontando riflettere sul senso della propria vita (ragazzi, ma anche adulti e anziani! Perché tutti devono crescere); con i genitori o con altri che siano meno coinvolti e più tranquilli, per cogliere problemi e progetti, per creare o ricreare desideri e avere la gioia di vivere e di cercare, per sviluppare gli affetti.

*    Chi è sulla strada da solo… è veramente un “ragazzo di strada” che rischia di essere soffocato perché mancano affetti reali, magari è abbandonato solo a quelli virtuali!

Proverbio (keniano?): «Da solo ti perdi nella foresta; in due porti a casa un elefante».

Qohelet (4,9-12) forse pensa al viaggio, più che alla coppia, ma è un testo aperto:

«Meglio essere in due che uno solo, perché otterranno migliore compenso per la loro fatica. Infatti, se cadono, l’uno rialza l’altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi. Inoltre, se si dorme in due, si sta caldi; ma uno solo come fa a riscaldarsi? Se uno è aggredito, in due possono resistere: una corda a tre capi non si rompe tanto presto».

Far convergere le agenzie educative è un imperativo per educare e condividere le idee e i valori; educare i sentimenti è un’altra necessità che permette di diventare adulti e non violenti.

 

Conclusione

Decalogo dell’Amore coniugale e familiare (Bruno Forte).

Questo decalogo, che ho scritto anni fa insieme ad alcune coppie e che ha aiutato tante di esse a verificarsi sull’amore e a viverne i colori, meravigliosi e talvolta difficili, potrà servire anche a Te/a Voi due come semplice guida a fare un esame di coscienza, che spero sia opportuno e proficuo.

 

Te/Ve lo offro come un mio piccolo dono d’amore:

 

1.            Rispetta la persona dell’altro come mistero

2.            Sforzati di capire le ragioni dell’altro

3.            Prendi sempre l’iniziativa di perdonare e di donare

4.            Sii trasparente con l’altro e ringraziala/o della sua trasparenza con te

5.            Ascolta sempre l’altro, senza trovare alibi per chiuderTi o evadere da lui/lei

6.            Rispetta i figli come persone libere

7.            Da’ ai tuoi figli ragioni di vita e di speranza, insieme al tuo sposo/alla tua sposa

8.            Lasciati mettere in discussione dalle attese dei figli e sappi discuterne con loro

9.            Chiedi ogni giorno a Dio un amore più grande

10.        Sforzati di essere per l’altro e per i figli dono e testimonianza di Lui.

 

Il Signore porti a compimento l’opera bella che ha iniziato in Te / in Voi…

 

Come famiglia di Dio invochiamo: Padre nostro

 

O Maria, la tua vita è stata un canto d’amore a Dio misericordioso e salvatore.

La gioiosa melodia della tua anima passi di generazione in generazione

e intoni nel cuore degli uomini un Magnificat sempre nuovo, sempre bello, sempre lieto e giovane.

O Maria, insegnaci la melodia del tuo cuore. Amen.

 

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22    mar. 2010 La Cittadinanza

Partecipazione alla vita sociale: cittadinanza, responsabilità, legalità

«Date a Cesare quel che è di Cesare, date a Dio quel che è di Dio»

 

I - Romani 13,1‑8: Rapporti con l'autorità politica: i doveri verso autorità civili e verso tutti

«L’organizzazione della società per la pacifica convivenza è un bene e quindi viene da Dio. in questo senso l’autorità è “al servizio di Dio” (v.4) così come i suoi rappresentanti o funzionari (v.6). È giusto quindi pagare le tasse per i servizi assicurati».

1 Ciascuno sia sottomesso alle autorità costituite.

Infatti non c’è autorità se non da Dio: quelle che esistono sono stabilite da Dio.

2 Quindi chi si oppone all’autorità si oppone all’ordine stabilito da Dio.

E quelli che si oppongono attireranno su di sé la condanna

3 I governanti infatti non sono da temere quando si fa il bene, ma quando si fa il male.

Vuoi non aver paura dell’autorità? Fa’ il bene e ne avrai lode,

4 poiché essa è al servizio di Dio per il tuo bene. Ma se fai il male, allora devi temere,

perché non invano essa porta la spada; è infatti al servizio di Dio per il tuo bene.

Ma se fai il male, allora devi temere, perché non invano essa porta la spada;

è infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi fa il male.

5 Perciò è necessario stare sottomessi,

non solo per timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza.

6 Per questo infatti voi pagare anche le tasse:

quelli che svolgono questo compito sono a servizio di Dio.

7 Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto:

a chi si devono le tasse, date le tasse; a chi l’imposta, l’imposta;

a chi il timore, il timore; a chi il rispetto il rispetto.

Il debito supremo

8 Non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole;

perché chi ama l’altro ha adempito la legge.

9 Infatti: Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai,

e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola  in questa parola:

Amerai il prossimo come te stesso.

10 La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità.

 

Testo criticato e discusso: amore del quieto vivere? sudditanza al potere, idolatria dell’autorità?

* Aveva parlato dei carismi o doni, come responsabilità verso tutti ora dei doveri sociali, partendo dalla organizzazione romana = politica (autorità costituita e sottoposti, vv.1-3), legale (v.4) e delle tasse (vv.6-7). Conclude: agape come debito (vv.8-10), «rivestirsi del Signore», conformarsi a lui sempre (10-14). Mi fermo a due aspetti certi.

 

1 -  Un fatto di coscienza.

La risposta a Dio deve essere data per Paolo, per fare il bene sempre e con intelligenza. Significa: a) seguire Cristo, rivestirsi di Lui e cercare Dio in questo tempo: è un fatto di coscienza per il credente (13,3-5); b) avere una capacità critica, senza conformarsi al mondo

* Significa anche opposizione. Non significa separasi o ignorare i problemi, ma assumere atteggiamento critico; significa anche rispetto, impegnandosi in tentativi di cambiare le cose negative. Il cristiano, del resto, deve sempre lasciarsi trasformare dallo Spirito.

* Perciò, vivere il proprio tempo vigilando, per scoprire le possibilità e le occasioni offerte da Dio nella storia, mantenendo una fedeltà incondizionata al proprio ideale cristiano.

2 -  Dunque lealtà critica.

Non si tratta di assolutizzare lo stato come un dio al quale immolare la nostra vita, ma di rispettare le funzioni e di vivere nel mondo con atteggiamento critico e leale, proprio in forza della dimensione fede che non si identifica con nessuna forma di politica = Superare «dormitori pubblici diffusi» e divisioni, per conformarsi insieme al Signore Gesù Cristo.

·              Diversamente dalla critica aspra contro il potere romano, ravvisato come diabolico nell’Apocalisse, Paolo preferisce orientare a «fare il bene» inteso come assunzione morale della responsabilità civile del cristiano in tutti gli aspetti. Rendere a ciascuno ciò che è dovuto è dare a Dio e a Cesare senza confusione (cf Lc 20,25). Così Geremia «esiliati»: «Cercate il benessere del paese in cui vi ho fatto deportare, e pregate per esso il Signore, perché dal benessere suo dipende il vostro» (29,7).

·              L’impegno morale supera l’aspetto puramente penale. «Sottomissione» (Rm 13,1.5) non per paura della punizione (prigione o multa = la spada per punire i malfattori), ma per scelta religiosa, a immagine del Cristo «obbediente» fino alla morte di croce (Fil 2,8; Eb 5,8), per «compiere ogni giustizia» (Mt 3,15).

·              Principio direttivo: l’amore reciproco come «debito», dovuta e da assolvere, fino a tasse e relazioni sociali, senza schizofrenie tra pubblico e privato. È comprendere la società (e la chiesa) come «corpo» che funziona con l’apporto di tutti e delle realtà che riteniamo magari più piccole.

·              Questo richiede una profonda azione formativa. Ha anche il coraggio di esigere dall’autorità di essere giusta, come a suo tempo fece il vescovo Oscar Romero, rimettendoci la vita. In attesa che la chiesa riconosca ufficialmente il suo “martirio” (così Bonhoeffer).

 

II – Filippesi: Parla del cristiano «cittadino».

Paolo, cittadino romano, non esibisce il titolo più di tanto, ma ne ha piena consapevolezza = senso di libertà, responsabilità, creatività, per il benessere della polis.

·               Propone la cittadinanza. Più che quella romana, che pure rivendica di fronte a chi l’ha colpito ingiustamente (At 16,37-39), la «cittadinanza in cielo» (Fil 4,20). Non distoglie dall’impegno, ma orienta a un comportamento che pone scelte davanti a Dio e Cristo che ci giudica.

·               Un’altra espressione richiama la cittadinanza: avere un «comportamento degno del vangelo» (lett. vivere da cittadini, comportamento in società/pólis) = attingendo al vangelo l’impegno quotidiano, tenendo salda la parola di vita, cercando non l’interesse proprio ma anche quello degli altri (2,1-17).

·               Anzi il Vangelo impegna la ricerca e la realizzazione di tutto ciò che è vero, giusto, puro, amabile, onorato, ciò che è virtù e merita lode anche presso gli uomini (4,8).

 

Dal Salmo 25/24 (Amore e verità, rettitudine e bontà: attesa di ogni uomo. Chi, se non Dio, potrebbe insegnarne le strade?)

Fammi conoscere, Signore, le tue vie,

insegnami i tuoi sentieri.

Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,

perché sei tu il Dio della mia salvezza

Buono e retto è il Signore, indica ai peccatori la via giusta;

guida i poveri secondo giustizia, insegna ai poveri la sua via.

Tutti i sentieri del Signore sono amore e fedeltà

per chi custodisce la sua alleanza e i suoi precetti.

Il Signore si confida con chi lo teme:

gli fa conoscere la sua alleanza.

Gloria…

 

Ricordo. Dal Sirácide: la città è costruita dall’opera di tutti

(Coloro che fanno i lavori manuali) confidano nelle proprie mani, e ognuno è abile (= saggio e competente) nel proprio mestiere. Senza di loro non si costruisce una città, nessuno potrebbe soggiornarvi o circolarvi… Essi consolidano la costruzione del mondo, e il mestiere che fanno è la loro preghiera (38,31.32.34). (Lo scriba) ricerca la sapienza, conosce le disposizioni delle leggi, svolge il suo compito fra i grandi, lo si vede tra i capi… sperimenta il bene e il male in mezzo agli uomini, comunicherà la dottrina del suo insegnamento (39,1.4.8).

 

 

12    apr. 2010     La Cittadinanza

                          Integrazione: culture e modi di vita diversi,

                          scontro o ricchezza da condividere?

 

Non affronto le problematiche, solo dei testi, da scegliere. Sul tema in generale, cf appendice.

 

Pentecoste: Atti 2,3-12 - Le molte lingue e l’unica lingua: Pentecoste e Babele - due paradigmi

 

[3]      Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro,

[4]      e tutti furono pieni di Spirito santo

         e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.

[5]      Vivevano allora in Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo.

[6]      A quel rumore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua.

[7]      Erano stupefatti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano:

         «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei?

[8]      E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa?

[9]        Siamo Parti, Medi, Elamiti;

         abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia,

[10]       della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene;

         straneri di Roma, [11] Giudei e proseliti, Cretesi e Arabi,

         e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».

[12]       Tutti erano stupiti e perplessi, e si chiedevano l’un l’altro: «Che cosa significa questo?».

[13]     Altri invece li deridevano e dicevano: «Si sono ubriacati di vino dolce».

 

 

Babele: Genesi

Tutta la terra aveva un’unica lingua e uniche parole. 2 Emigrando dall’oriente, gli uomini capitarono in una pianura nella regione di Sinar e vi si stabilirono. 3 Si dissero l’un l’altro: «Facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco». 4 Poi dissero: «Venite costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra (= l’ordine di Dio).

Ma il Signore scese a vedere… 7 Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro. 8 Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città.

Per questo la si chiamò Babele (Babel/Babilonia), perché là il Signore confuse (balal) la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.

 

 

 

Universalità cristiana, in che senso? E la diversità? Testi da Paolo.

 

* Diversità e unità:

 

1 Corinzi 12

4    Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito;

5    Vi sono diversi ministeri (servizi), ma uno solo è il Signore;

6    Vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio che opera tutto in tutti.

7    A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune:

8    a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza;

9    a uno, nello stesso Spirito, la fede….

11  Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito distribuendole a ciascuno come vuole...

31  Desiderate intensamente i carismi più grandi. Allora vi mostro la via più sublime: la Carità magnanima, benevola, non invidiosa,  non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, ma si rallegra della verità

 

* La fede e i figli di Dio – universalità e unità:

 

Galati 3,26-28

26  Tutti voi siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, 27 poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo.

28  Non c’è più Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù (o altra versione: tutti siete di Cristo Gesù).

 

Colossesi 3,9-11

9    Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni 10 e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza (morale), a immagine di Colui che lo ha creato (diversamente da Adamo che cercava il bene e il male fuori della volontà divina).

11  Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o in circoncisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto in tutti.

 

* Riconciliazione e integrazione in Cristo, superamento delle divisioni:

 

Efesini 2, 13-19

13  Ora, invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini grazie al sangue di Cristo.

14  Egli infatti è la nostra pace, colui che dei due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne…

15  per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace,

16  E per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia.

17  Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani (= gentili pagani)

E pace a coloro che erano vicini (= Giudei).

18  Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci gli uni e gli altri al Padre in un solo Spirito.

19  Così voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, 20 edificati sopra il fondamento dei degli apostoli e dei profeti (= i primi testimoni e predicatori del vangelo), avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù.

 

Luca 10,30.32-37 (cf Caino e Abele: il fratello rifiutato)

Un “uomo” scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto… un samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui…. Disse all’albergatore: “Abbi cura di lui”… chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nella mani dei briganti? … chi ha avuto(fatto) compassione di lui. Gesù disse: “Va’ e anche tu fa così”.

 

Preghiera al Padre di tutti che ama giusti e ingiusti

 

Ricordo finale: «Bene è dare realtà alle persone e alle cose» (Simone Weil).

Appendice:

Intervento della prof. Monica Simeoni al Meic (movimento ecclesiale di impegno culturale)

QUALE PROGETTO PER UNA NUOVA CITTADINANZA?

 

Progetto è qualcosa che noi stiamo organizzando con alcune premesse, per raggiungere determinati obiettivi. Parliamo di nuova cittadinanza, perché oggi la situazione è cambiata rispetto alla classificazione di T.H. Marshall (formulata a metà dell’ottocento in Gran Bretagna, con la nascita del Welfare), che aveva distinto nella cittadinanza i diritti civili, politici e sociali, da acquisire in modo consequenziale, prima i diritti civili, poi di seguito gli altri. Questa distinzione rimane vera, ma oggi assistiamo a una “Rivoluzione Copernicana”, la rivoluzione della post-modernità che stiamo vivendo. Il Welfare deve essere rimodellato a seconda dei nuovi attori sociali presenti ora, non solo in Europa. Come vivere allora il secolarismo contemporaneo? Come vivere la laicità contemporanea? La relazione procede scegliendo tre ambiti di riferimento: intercultura, pluralismo religioso e civile e cittadinanza attiva.

 

MULTIETNISMO E INTERCULTURA

Tutte le società contemporanee, non solo europee, sono ormai interetniche. Il multietnismo è oggi una realtà, perché minoranze di etnie differenti sono presenti all’interno di ogni stato nazionale. Come gestire questa realtà? Quale società costruire? Il multiculturalismo e l’intercultura si propongono di trasformare questa realtà in progetto, costruendo una nuova società democratica, con all’interno etnie e culture differenti. Questo è un problema anche legislativo. Come gestire questa situazione? Ci sono nel mondo vari approcci e tentativi di soluzione, che attraversano gli schieramenti, senza esiti definitivi, perché il problema è ampio, generalizzato, complesso e le contrapposizioni ideologiche non sono più proponibili. Bisogna avere il coraggio di dire che il multietnismo è irreversibile. U. Beck, in “L’era delle e afferma che non siamo più nell’era dell’Aut Aut, ma delle “E - E”, cioè dobbiamo cercare di vedere cosa accettare e cosa rifiutare nelle proposte culturali diverse. Il problema è, però, che nella maggioranza della popolazione del mondo che vive nelle grandi città, in Italia a Milano e Roma, cresce la reazione emotiva, e la razionalità di Cartesio rischia la sconfitta. L’emotività e la paura creano un problema, che non va gestito solo nell’emergenza, sotto l’impressione di qualche fatto di cronaca nera, ma con la legislazione ordinaria dello stato. Bisogna cercare di progettare, sapendo che ovunque nel mondo, oggi, non esistono metropoli sicure, come testimonia il film di K. Lonach, In questo mondo libero. Il problema è mondiale e le situazioni sono molto complicate e gravi, nelle periferie di Roma, di Milano, ma anche di Londra, ( La Repubblica 23/01/08, La Londra dei ricchi e poveri un muro tra centro e periferia). 

Problema. Nel nostro paese, al NORD e al SUD, ci sono realtà diverse, sia dal punto di vista economico che culturale. Il sociologo W. F. Ogburn, nei primi anni del novecento, riflettendo sul sud degli Stati Uniti, sosteneva la teoria del Ritardo Culturale, e affermava che, quando la società si trasforma velocemente non altrettanto avviene nell’ambito dei valori: la cultura tecnologica e produttiva si sviluppa con maggiore rapidità rispetto a quella morale e relazionale, che si deve adattare alla prima. Si citano le analisi di due autori, R. Guolo e I. Diamanti, che segnalano come nel nostro ricco Nordest gli immigrati s’inseriscano meglio, ma sono presenti anche reazioni emotive che cozzano contro la razionalità della realtà. È significativa la delibera al comune di Milano di L. Moratti, che nega la frequenza della scuola ai bambini stranieri clandestini, contro il decreto dell’Unesco che stabilisce che tutti i bambini hanno diritto all’istruzione. Si ricorda anche l’articolo di G. A. Stella, nel Corriere della Sera del 23/01/08 sulla condizione dei bambini italiani illegali in Svizzera (circa 30.0000) negli anni Settanta e Ottanta. Il Nord, che è passato dalla fame alla dieta, dimentica il suo passato drammatico di povertà e di emigrazione. Si può anche capire dal punto di vista emotivo, ma bisogna cercare di andare oltre.

Identità e differenza. Come gestire la propria identità? L’identità implica anche differenza. Non esistono identità pure, culture pure. Dice F. Botturi: “L’identità è sempre differenziale ed è altro per altra identità”. Questo è un concetto profondamente cristiano: non esistono al mondo due persone che siano state create uguali. Il problema è l’uguaglianza dei diritti, basata sulla diversità dell’identità. Occorre costruire una identità ponte tra situazioni differenti da attraversare. Un sociologo americano, che ha studiato molto la realtà del suo paese, R. Putnam, ha fatto, nel 2000, una bella indagine sui gruppi multietnici, osservando che la società americana, tradizionalmente comunitaria, perché nata dall’incontro di varie culture, sta diventando individualista, si gioca da soli, Bowling alone il titolo del suo libro; infatti la presenza di varie etnie crea paura, non solo nei confronti dei diversi, ma anche tra simili. Alcuni autori spiegherebbero così il motivo per cui in una società multiculturale, poco coesa, non è possibile avere un Welfare tradizionale di tipo europeo (in crisi ora anche in Europa). Su questo aspetto c’è una riflessione di A. Giddens che evidenzia come la comunità, che noi stiamo costruendo nel nuovo progetto di cittadinanza, non è, come nella vecchia società coesa del passato, una comunità dovuta alla prossimità fisica, ma un progetto che noi scegliamo di costruire con persone etnicamente differenti da noi.

Diritto. Come costruire questa nuova cittadinanza? Uno degli aspetti più importanti è il diritto. G. Zagrebelsky, in La virtù del dubbio, osserva che il diritto, che è frutto della cultura di una società, si trasforma, in presenza di altre identità. In parte ciò già avviene in paesi, come la Germania, in cui l’immigrazione è più consistente rispetto all’Italia, che è un paese giovane, per la prima volta alle prese con questa situazione. Il problema della legalità, suscitato in questi giorni dalla criminalità immigrata, ha fatto emergere lo scarso senso dello stato, presente nella società civile italiana, una forma di lassismo, che ha radici storiche conosciute. Giacomo Leopardi, nello Zibaldone, scrive ”Gli italiani non hanno costumi ma usanze, così tutti i popoli civili che non sono nazioni”. E l’antropologo C. T. Altan: “È mancato all’Italia l’anello di passaggio dalla società feudale a quella fondata sul valore dello stato assoluto”. È vero che non c’è in Italia la certezza del diritto, ma perché il problema è emerso solo ora? Quale diritto in una società multietnica, con la presenza di un islam, ma anche diritti civili al plurale? Nella sua ultima enciclica, Spe salvi, § 29, il Papa dice: “ Anche le strutture migliori funzionano soltanto se in una comunità sono vive delle convinzioni che siano in grado di motivare gli uomini ad una libera adesione all’ordinamento comunitario. La libertà necessita di una convinzione: una convinzione non esiste da sé, ma deve sempre essere riconquistata comunitariamente”.

Una società interetnica è una società con un nuovo modello democratico e statale, non Con uno stato neutrale”, come asserisce F. Viola, “ma imparziale”. La cittadinanza è un progetto, una condivisione su alcuni valori da ricostruire insieme alle pluralità esistenti nel nostro paese, modificando, in parte, anche il diritto, mediandolo: J. Habermas parla di Patriottismo costituzionale. Noi occidentali abbiamo alcuni ordinamenti giuridici da cui partire. A questo proposito viene citata La carta dei valori di G. Amato, poco conosciuta, ma molto significativa per iniziare questa mediazione tra i valori più importanti. Bisogna, però, anche fare attenzione al ruolo dei Mass Media. Nel discorso pronunciato nella giornata delle Comunicazioni sociali il Papa ha coniata questa nuova parola, infoetica, perché sempre più il medium diventa portatore di un messaggio: quale? Necessita un vaglio critico. Per esempio, quando è stato pubblicato il dato che solo il 10% della violenza sulle donne è opera di stranieri e che l’80% si consuma in famiglia, i mass media non hanno dato il giusto risalto alla notizia.

 

PLURALISMO RELIGIOSO E CIVILE E LA LAICITÀ

Oggi la politica è debole e le religioni sembrano forti, ma è necessario fare attenzione ai modi con cui il messaggio viene veicolato. Dice Enzo Bianchi: “Abbiamo bisogno di discepoli evangelizzati non militanti evangelizzatori”. No, quindi, alla contrapposizione. Interessante anche il pensiero del sociologo Oliver Roy, che fa un’analisi non solo del mondo islamico, ma di tutto il mondo religioso e afferma che oggi il legame intrinseco tra religione e cultura è spezzato e c’è, quindi, il rischio del fondamentalismo, sia islamico che cristiano. Negli ultimi due numeri del 2007 della rivista Reset (Dicembre) è affrontato il tema del ruolo che deve avere la religione all’interno degli stati nazionali. Nelle società occidentali c’è un pluralismo religioso. J. Habermas stesso, pensatore laico, dice che bisogna dare una voce pubblica alle religioni. Il problema è, però, saper distinguere tra sfera pubblica e sfera istituzionale. Questo ci obbliga ad operare una mediazione. Michele Nicoletti, ex presidente della FUCI, scrive in uno degli articoli di Reset, che la chiesa deve promuovere un ethos democratico, ma anche le condizioni perché ciò accada. E il premio Nobel Natalia Sen, sulla stessa linea, sostiene che la democrazia non consiste solo nel fare proclami di tipo ideologico, ma deve anche promuovere le condizioni e fare delle scelte. A. Galeotti, poi, studiosa della realtà del diritto tedesco, aggiunge che “Le convinzioni personali, anche religiose, devono essere presentate in termini di ragioni pubbliche”. Mediazione e compromesso sono quindi termini che hanno un valore positivo, perché danno una visione reale della storia e della secolarità in cui siamo inseriti. Il contrario del compromesso è il fanatismo (Amos Oz).

 

CITTADINANZA ATTIVA

Su questo punto sta cambiando faticosamente anche la legislazione. Ne è un esempio la riforma del Titolo V della Costituzione, là dove viene introdotto il concetto di sussidiarietà orizzontale:  non ci sono solo amministrati, ma cittadini attivi.

 

CONCLUSIONI

Abbiamo una globalizzazione inclusiva (economico-finanziaria) e una esclusiva, quella sociale. R.D. Putnam, nell’esaminare questa realtà, individua un tentativo di soluzione e dice”L’obiettivo di sentirsi a proprio agio con la diversità non sarà né semplice né di rapida soluzione, ma potrà essere agevolato dai nostri sforzi collettivi, che alla fine saranno più che ripagati. E pluribus unum rispecchia perfettamente tale obiettivo: la creazione, cioè, di una nuova unità dalla diversità dei tanti!” Costruire una nuova cittadinanza è difficile e ci saranno molti problemi. Pensiamo alla presenza di studenti stranieri oggi nelle scuole, al ruolo delle seconde e terze generazioni, che sono già cittadini italiani. Se è vero che nessun paese europeo ha trovato finora la chiave per riuscire a risolvere questo problema, il fatto che il nostro paese per tanti motivi storicamente  è arrivato in ritardo, può essere positivo, perché, non sposando nessuno dei progetti sperimentati finora altrove e spesso falliti, può trovarne uno nuovo, partendo dalla sua storia e dalla sua tradizione, per cercare di costruire un ponte tra culture differenti e dare vita a una nuova cittadinanza.

 

 

 

 

10  mag. 2010 Sintesi del cammino compiuto

 

 

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Seconda Meta: SOLIDALE

“Domeniche della Solidarietà”

per rendere sempre più viva testimonianza di carità

in uno STILE DI VITA SOLIDALE

 

 

1a DOMENICA DI SOLIDARIETA’: 29 NOVEMBRE 2009

 

Il Consiglio Pastorale Parrocchiale propone una piccola, ma concreta, azione di solidarietà che ci permetterà di dimostrare attenzione al bene comune.

In questa domenica daremo attenzione al creato, accogliendo la proposta della Commissione diocesana sui  “Nuovi stili di Vita” dal titolo: Metti in moto i piedi.        Si tratta di usare i piedi per raggiungere la chiesa per la messa domenicale: proviamo a rinunciare all’auto, prenderci un po’ di tempo e fare la strada verso la chiesa camminando insieme per una “mobilità sostenibile, possibile e anche salutare”.

 

 

 

2a DOMENICA DI SOLIDARIETA’: 20 DICEMBRE 2009

 

>>> Attenzione al CENTRO INTERPARROCCHIALE DI SOLIDARIETA’

 

Questa realtà è nata nel 2007 dopo alcuni anni di riflessione da parte di alcuni laici e presbiteri del nostro Vicariato. L’idea di partenza era quella di sensibilizzare le comunità alle povertà umane, economiche e di relazioni, per educarle a vivere la carità. Ha come “gesto specifico” quello dell’ “ASCOLTO” di chi ha bisogno, per farlo incontrare con chi ha qualcosa da offrire. Ha sede nel centro parrocchiale di Bresseo-Treponti ed è aperta al martedì. In questi anni ha aiutato economicamente alcune famiglie, ha distribuito generi alimentari e vestiario anche grazie alla nostra Caritas.

Domenica 20 dicembre lo conosceremo meglio e lo sosterremo con un’offerta che raccoglieremo durante le S. Messe. Vi chiediamo anche di portare alimenti a lunga scadenza (riso, zucchero, olio, prodotti per l'igiene personale e la pulizia della casa, alimenti in barattolo). GRAZIE

 

 

3a DOMENICA DI SOLIDARIETA’: 31 GENNAIO 2010

 

- SOLIDARIETÀ AI FRATELLI DI HAITI: Non si faccia mancare a questi fratelli la nostra solidarietà”. Con queste parole Papa Benedetto XVI ha lanciato,  mercoledì 13 gennaio al termine dell’udienza generale, un accorato appello alla concreta solidarietà della comunità internazionale. “Se è sempre importante camminare insieme, davanti a questa tragedia diventa un imperativo umano ed evangelico - ha detto il Cardinale di Milano Dionigi Tettamanzi - condividere le nostre risorse”. Ci sono momenti in cui dobbiamo ricordarci di quanto siamo fortunati, di ringraziare il Signore e di fare tutti gli sforzi possibili per aiutare chi ha più bisogno di noi.

Domenica 31 gennaio raccoglieremo offerte per questa popolazione da portare alla Caritas di Padova che ha risposto all’appello della Caritas Italiana.

 

 

- ATTENZIONE all’ACQUA: Perché proteggere l’acqua? Perché usarla con parsimonia? Cosa limita la nostra possibilità di usare l’acqua? Negli ultimi secoli molte cose sono cambiate e, se la quantità d’acqua sulla Terra è rimasta complessivamente la stessa, sempre meno acqua si trova in una forma adatta a soddisfare i nostri bisogni fondamentali come bere, cucinare, lavarsi. E’ dunque l’acqua potabile, di elevata qualità, la risorsa da proteggere e utilizzare con parsimonia perché minacciata dall’inquinamento, dal cambiamento del clima, dall’urbanizzazione e cementificazione del territorio.

Il Papa ha titolato il messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 01 gennaio 2010 “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”. Se la creazione è l’inizio e il fondamento di tutte le opere di Dio l’acqua ne è l’elemento primario e la sua salvaguardia diventa essenziale per la pacifica convivenza dell’umanità.

Se poi ci aggiungiamo che nel nostro paese il governo ha approvato una legge che privatizza i servizi idrici l’attenzione diventa ancora più importante: come fare affinché il mercato non vinca anche in questo campo? Si tratta di imparare a vivere l’acqua come un bene e a fare di tutto perché non sia trasformata in una merce.

  Concretamente, in questa domenica di solidarietà, vi invitiamo al rispetto dell’acqua, ad usarla con maggiore attenzione evitando gli sprechi, cercando di “imbroccare” quella “sana” del rubinetto, in modo da diminuire il consumo di plastica, un materiale non facile da smaltire.

 

Un grido: «Salviamo sorella acqua»

 

Noi crediamo che l'acqua è vita! La vita nasce dall'acqua: l'acqua è il cuore stesso della vita. L'uomo è acqua che cammina, che pensa.

Per questo noi affermiamo che l'acqua è un diritto fondamentale dell'umanità, come ribadito da Benedetto XVI, nella sua enciclica Caritas in veritate, che proclama l'accesso all'acqua «come diritto universale di tutti gli esseri umani senza distinzioni né discriminazioni».

Noi affermiamo che l'acqua è essenziale per la vita di ogni uomo e di tutti gli esseri viventi. L'uomo è custode delle risorse idriche, che devono essere garantite a tutte le creature. A tutte le donne e a tutti gli uomini devono essere assicurati l'accesso all'acqua e la quantità utile a garantirne la vita di almeno 50 litri al giorno, come sancito dall'Onu. La mancanza di accesso all'acqua provoca vittime in tutto il mondo.

Noi affermiamo che l'acqua è un diritto delle generazioni future. L'acqua è una risorsa limitata. Solo una minima parte dell'acqua del pianeta è dolce e la maggior parte è contenuta nei ghiacciai, oggi sotto minaccia di sparire per il surriscaldamento terrestre. L'acqua non dev'essere sprecata e va preservata nella sua qualità. L'acqua disponibile dev'essere gestita in modo equilibrato, anche a garanzia delle generazioni future.

Noi affermiamo, proprio qui dalla città di Francesco, uomo di pace, che l'accaparramento delle risorse idriche genera conflitti e che le future guerre verranno combattute per l'acqua. Noi affermiamo che la gestione pubblica dell'acqua è fonte di democrazia e garanzia di pace tra i popoli.

Noi affermiamo che le politiche dell'acqua devono essere improntate al rispetto dei principi enunciati e cioè devono scegliere la via della gestione pubblica delle risorse idriche; devono sottrarre l'acqua alle leggi del mercato e del profitto, a livello locale, nazionale e globale, anteponendo alle pressioni delle multinazionali il grido dei poveri.

Per questo noi condanniamo la decisione del Parlamento italiano del 19/11/09 di privatizzare l'acqua: è un atto gravissimo che noi riteniamo immorale.

Per questo noi chiediamo che l'acqua rimanga gestita esclusivamente e direttamente dalle comunità locali, che hanno da sempre diritto di garantirne la distribuzione per tutti al costo più basso possibile.

Per questo noi chiediamo:

- a tutti i cittadini italiani di sollecitare la convocazione del consiglio comunale per dichiarare l'acqua un bene di non rilevanza economica e aprire così la strada alla gestione pubblica diretta da parte dei comuni, escludendo la Spa tra i modelli di gestione dell'acqua;

- al governo italiano di escludere l'acqua dall'art. 15 166/09 e di riconoscere l'acqua come diritto fondamentale degli esseri viventi;

- a tutte le confessioni religiose e particolarmente alla CEI una presa di posizione chiara sull'acqua;

- alla società civile di compattarsi per un sempre maggiore impegno nella difesa del diritto all'acqua.

Messaggio dei giovani riuniti ad Assisi

per il 64° Convegno della Pro Civitate Christiana

dal titolo: “Il Sasso nell’acqua” (Settimana, 2-2010, p. 7)

 

 

4a - 5a DOMENICA DI SOLIDARIETA’: 28 feb. e 28 mar. 2010

 

Colletta quaresimale: i risparmi di tutti i nostri “digiuni” quest’anno saranno inviati in Ecuador

a sostegno di un progetto dei Padri Giuseppini a ricordo di padre Luigi Rizzo.