Pronti!
Via! È l’esclamazione d’inizio di una gara. Serve a raccogliere i
partecipanti, li fa partire tutti insieme. Pronti! Via!
È il grido di questa domenica (18 ottobre 2009) di apertura
dell’anno pastorale.
Oggi diamo il via al cammino di tutte le attività parrocchiali,
partiamo insieme. Il consiglio pastorale ci indica
la meta. Già dall’anno scorso ha fatto proprio il tema del bene comune. Ques’anno lo
riafferma, con lo scopo di farlo diventare lo stile di vita della nostra
comunità. Al bene comune ci si forma, superando egoismi e rigidità. Il bene
comune si pratica, testimoniando il Vangelo in uno stile di vita solidale.
Una prima meta per tutti noi è FORMATIVA, per “imparare”
il bene comune. Il consiglio pastorale per questo scopo crede indispensabile
mettersi in ascolto della Parola di Dio. Propone un itinerario formativo per tutti gli adulti
che frequentano la parrocchia, in particolare gli operatori parrocchiali, ma
anche i genitori, primi annunciatori della fede ai propri figli,
semplicemente chiunque desidera rendere più adulta la propria fede. Si tratta
di un incontro mensile in cui l’ascolto della Parola
di Dio ci aiuterà a fare luce su alcune
esperienze importanti per la nostra vita di tutti i giorni:
lavoro - famiglia - appartenenza alla società
civile.
L’incontro sarà guidato da un
biblista, un esperto che ci aiuterà ad entrare nella ricchezza della
Scrittura, ma che lascerà anche tempo per meditare e confrontarci su come
attualizzare la Parola
nella nostra vita. Questo itinerario è stato condiviso con il consiglio
pastorale di Bresseo-Treponti e sarà percorso insieme. Il primo appuntamento
sarà a partire da novembre. Maggiori dettagli
saranno offerti al più presto.
La seconda meta riguarda la testimonianza di
carità, in uno STILE DI VITA SOLIDALE.
Il consiglio pastorale presenta l’iniziativa della “Domenica della solidarietà”. A cadenza mensile la
comunità sarà invitata a prendersi cura concretamente di situazioni di
necessità vicine e lontane. Alcuni semplici esempi: la raccolta dei generi alimentari
per gli ospiti delle cucine popolari; il mercatino equo-solidale e la
cooperazione con il sud del mondo. Saremo stimolati a scegliere uno stile di
vita solidale con i poveri o chi è in difficoltà in mezzo a noi, lasciandoci
coinvolgere da chi opera sul campo: i missionari amici nella giornata
missionaria mondiale, le associazioni presenti nella nostra stessa comunità
(per esempio Bashù, attiva nella cooperazione con l’Africa); il
“Centro Interparrocchiale di Solidarietà” che si prende cura di chi tra noi non riesce a far fronte
alle necessità primarie. Ci inviteremo ad essere
generosi e disponibili nelle situazioni di emergenza: come è stato per
l’Abruzzo daremo il nostro contributo agli alluvionati in Sicilia. Si
tratta di mettere un volano alla nostra generosità, renderla una buona
risposta quotidiana.
Un proverbio africano
dice: “Se vuoi arrivare primo, corri
da solo. Se vuoi andare lontano, cammina insieme”. Lo doniamo a tutti gli operatori pastorali che operano
nella nostra comunità, dalla catechesi alla centro
parrocchiale, dal servizio liturgico al consiglio pastorale stesso.
Nei gruppi e nelle attività andare lontano e camminare insieme significherà essere coinvolti e capaci di coinvolgere altri in
queste iniziative. È una delle responsabilità che abbiamo
nel nostro servizio alla comunità. Il bene comune cresce facendosi promotori
di scelte condivise e accompagnando chi desidera conoscere e vivere queste
proposte. Buon anno pastorale a tutti.
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Prima Meta: FORMATIVA
“Imparare” il bene comune e farlo
diventare “stile di vita nelle comunità cristiane”
Un tempo di ascolto
e confronto guidato da don Marcello Milani
Approfondimento dei temi lavoro,
famiglia e cittadinanza alla luce della Parola di Dio
Ore 21.00 in sala don
Giuseppe
09 nov.
2009 Lavorare: perché?
Auto-realizzazione e produzione di ricchezza
Il lavoro come fonte di dignità è conquista abbastanza recente nella
coscienza culturale. Pensiamo all’antica divisione tra otium et negotium nel mondo
greco-romano. Le persone guida si dedicano alla
«quiete» e alla riflessione: i filosofi, che spesso si impegnano a delineare
teorie politiche, ossia sulla vita della pólis,
la città. Nella Bibbia gli fa eco il Siracide nella rassegna delle «professioni»
(Sir 38,24-39,11). Il concetto di autorealizzazione
e produzione della ricchezza si sviluppa in ambito liberale e calvinista,
abbinato all’idea del continuo progresso che valorizza la capacità
produttiva.
La Bibbia? Ritiene il
benessere frutto di un impegno intelligente, ma anche dono di Dio. Per
offrire un aiuto alla riflessione sviluppiamo alcuni aspetti - compresi
quelli ambigui - mediante due testi.
Preghiera: Sal
128(127)
* Beato chi
teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
* Della fatica delle tue mani
ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene.
* La tua sposa come vite
feconda / nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’olivo / intorno alla
tua mensa.
* Ecco, com’è benedetto
l’uomo / che teme il Signore.
* Ti benedica il Signore da
Sion.
Tu possa
vedere i figli dei tuoi figli!
Pace su
Israele!...
Gloria al Padre e al Figlio…
Gen 2,4b-8 e il
giardino di Eden
Nel giorno in cui il Signore
Dio fece la terra e il cielo, nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna
erba campestre era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere
sulla terra e non c’era uomo che
lavorasse il suolo, ma una polla d’acqua sgorgava dalla terra e
irrigava tutto il suolo.
Allora il Signore
Dio plasmò l’uomo con polvere dal suolo e soffiò nelle
sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente.
Poi il Signore Dio
piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò
l’uomo che aveva plasmato…
Il Signore Dio prese
l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.
Parola
di Dio – Rendiamo grazie a Dio.
·
Dio opera nel creare
l’uomo e il mondo (cf Gen 1). A immagine di un
vasaio plasma l’uomo, ne fa
un’opera d’arte e vi infonde la sua vita con il suo respiro (così
Gesù con il sordomuto: sospirò-effatà). Come un contadino pianta il giardino, lo abbellisce e rende prezioso (è
il bel mondo perfetto: cosmo), lo dona (prese e pose) e affida all’uomo
(perché lo coltivasse e custodisse, cf Gen 1,26-28). E
Dio continua a creare nella storia
(Is 40-55).
·
Il
mondo deve la sua efficienza e perfezione anche all’opera dell’uomo: lavora il
suolo; anche se poi, lo stesso suolo, per il male dell’uomo che può
agir male, diventa sterile e non risponde alla fatica umana, è distrutto (Gen
3-4; 6). Non
mancano la frustrazione e la prova: il lavoro senza soddisfazione, o il
lavoro per sé, per il proprio star bene (l’uomo ricco che accumula e
cerca la pace nei suoi beni, là pone il suo cuore: «riposa, mangia, bevi e
divertiti», Lc 12,16-21; cf Am 6,4-6 e il ricco che banchettava in Lc
16,19-31).
·
Compito
dell’uomo è coltivare o
servire Dio (dar culto anche con il lavoro) e custodire: è il lavoro che costruisce il mondo e il suo ambiente, compresa la
propria famiglia.
·
Conclusione:
il lavoro è una possibilità da
valorizzare perché possa rendere felici e soddisfatti mediante un operare
onesto e vissuto in serena solidarietà (cf Sal 128/127: beato-felice e
benedetto, una benedizione che si diffonde).
Seconda
Lettera ai Tessalonicesi 3,6-15
Fratelli, nel nome del Signore nostro Gesù
Cristo, vi raccomandiamo di tenervi lontani da ogni
fratello che conduce una vita
disordinata, non secondo
l’insegnamento che vi è stato dato da noi.
Sapete in che modo dovete prenderci a
modello: noi infatti non siamo stati oziosi in mezzo
a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi (cf 1Ts 2,9). Non che non ne avessimo
diritto, ma per darci a voi come modello da imitare.
E infatti quando
eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: Chi non vuole lavorare, neppure mangi.
Sentiamo infatti
che alcuni fra voi vivono una vita
disordinata, senza fare nulla e sempre
in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore
Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità.
Ma voi, fratelli, non stancatevi di fare
il bene.
Se qualcuno non obbedisce a quanto diciamo
in questa lettera, prendete nota di lui e interrompete i rapporti, perché si
vergogni; non trattatelo però come un nemico, ma
ammonitelo come un fratello.
Parola
di Dio – Rendiamo grazie a Dio.
·
L’apostolo si
propone come modello di operosità (lo dirà sempre,
cf At 20), per un motivo pratico: non pesare ad alcuno e insegnare la vita concreta
fatta di impegno e responsabilità.
- Il non lavoro di alcuni era
motivato dall’attesa della venuta imminente del Signore: agitati e
senza impegno, e di peso alla comunità. Il taglio dei viveri li avrebbe costretti
a pancia vuota e fuori della comunità (non più mantenuti dagli altri),
avrebbe consigliato migliori pensieri!
- Il non lavoro è anche assenza di
impegno nella storia: si fugge sognando il futuro e non assumendo
il presente. Segno contrario, il servo fedele anche in
assenza del Signore e che si prende cura di tutta la servitù (Lc
12,37-39.42-44), diverso dai servi incoscienti e indolenti che bastonano
gli altri e si ubriacano: intontimento psichico e spirituale
rappresentato nelle ubriachezze o nella ricerca affannosa della
ricchezza – la ricerca del solo presente, del tutto e subito.
Non si vuol pensare né assumere responsabilità (Lc 12,45-46).
- Lavoro dunque come segno e modo di impegno e assunzione pubblica di responsabilità,
di attenzione alla storia, di costruzione
della comunità insieme agli altri, di servizio – è ricerca e
collaborazione alla costruzione del Regno. Dunque: «Non stancarsi di
fare il bene».
- Lavoro come atto di solidarietà e competenza non solo
di competizione sfrenata.
È l’intuizione dell’Encliclica Centesimus annus: «La destinazione universale dei beni»,
soprattutto nei beni spirituali che si
moltiplicano solo per diffusione e
dispersione, come la cultura, la carità, i valori che danno il gusto
di vivere. Ma ha tante implicazioni. È
passaggio dall’uso del mondo come rapina, alla costruzione del mondo
nella condivisione.
- La nuova coscienza del lavoro sarà frutto di una solidarietà culturale che comunque ci fa sentire sempre «fratelli» anche di
quelli che dobbiamo ammonire o con i quali ci possiamo scontrare.
D’altra parte, Paolo, nella Prima Lettera agli stessi
Tessalonicesi, si sentiva «madre» amorevole che ha
cura, ma anche «padre» che ha come compito di «esortare, incoraggiare e
scongiurare di comportarsi sempre in maniera degna di Dio» (2,7.11-12).
Preghiera
conclusiva: Prov 30,7-9
Solista
«Io ti domando due cose, / non negarmele prima che io
muoia:
Tieni lontano da me falsità e menzogna,
non darmi né povertà né ricchezza,
ma fammi avere il mio pezzo di pane (= il pane quotidiano o necessario),
perché una volta sazio, io non ti rinneghi / e dica: “Chi
è il Signore?”,
oppure, ridotto all’indigenza, non rubi / e abusi del
nome del mio Dio».
Anche
noi diciamo: Padre Nostro…
dacci oggi il nostro pane quotidiano (Cibo, Parola, Eucaristia)
- - - & - - -
14 dic. 2009 Lavorare: come?
Attenzione al creato e alla sobrietà
dei consumi
Salmo 127(126): il lavoro è vano se non è fecondato da Dio
- Se il Signore non costruisce la casa, * invano si
affaticano i costruttori.
- Se il Signore non vigila sulla città, * invano veglia la
sentinella.
- Invano vi alzate di buon mattino e tardi
andate a riposare, +
voi che mangiate un pane di fatica: * al suo
prediletto, egli lo darà nel sonno.
- Ecco, eredità del Signore sono i figli, * è
sua ricompensa il frutto del grembo.
- Come frecce in
mano a un guerriero * sono i figli avuti in
giovinezza.
- Beato l'uomo
che ne ha piena la faretra: +
non dovrà vergognarsi quando verrà alla porta * a trattare con i propri
nemici.
- Gloria al padre…
>>> Per valutare il
nostro lavoro, partiamo dal riposo: dal sabato per Dio al sabato
per l’uomo.
Genesi 2,1-4a
sabato per Dio
Dio, nel settimo giorno, portò a
compimento il lavoro che aveva fatto e cessò (sabat) nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Dio
benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso
aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando.
Esodo 20,8-11
«Ricordati
del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo
lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non
farai alcun lavoro, né tuo figlio né tua figlia, né
il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che
dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto..., ma si è riposato (nuah) il settimo giorno».
Dt 5,12-15 (cf Es 23,12): sabato a dimensione umana
«Osserva
il giorno del sabato per santificarlo, come il Signore, tuo Dio, ti ha
comandato… È il sabato in onore del Signore... Ricordati
che sei stato schiavo nella terra d’Egitto…».
Primo testo (Genesi):
l’operare di Dio modello di riferimento per il sabato dell’uomo.
1/ Cessare (sabat/sabato) e portare a compimento/perfezionare, che comprende il contemplare.
= Ben più di un semplice riposo per recuperare forze, il sabato è
giorno in cui, «a somiglianza di Dio»:
·
L’uomo contempla
l’opera delle proprie mani, ne indica il valore; riflette sul
significato del proprio lavoro come partecipazione e obbedienza
all’opera di Dio Creatore (cf Sal 8); tralasciando
l’operare e addentrandosi in una prolungata contemplazione, dà senso e valore.
·
L’uomo
riconosce la sua dignità di fronte alla grandezza dell’opera divina ed
evita il pericolo di idolatrare la propria opera: fare del nostro lavoro una
divinità a cui immolare la nostra vita. Il lavoro umanizza, non deve
schiavizzare; l’homo faber si
completa nella dimensione religiosa.
2/ Dio benedisse e consacrò. Il riposo non è passivo, bensì attivo.
·
La benedizione dall’uomo (Gen 1,27ss) si
estende al tempo che Dio riserva a sé: giorno fecondo, portatore di
prosperità; e sarà santo come Dio. Il riposo, per la
tradizione ebraica, diventa segno di pace (nuah/riposo) e felicità, senso di armonia con il mondo e gli uomini.
·
Dio consacra
o riserva a sé il sabato, perché lo offriamo a lui come «decima» del tempo, riconoscendo che tutto
il tempo suo e suo dono. Con il tempo indirizziamo a
Lui tutta la sua creazione: tutto il cosmo ritorna a Dio, e Dio viene ad abitare nel tempo (sabat|sebet, abitare).
3/ È giorno senza tramonto, eterno: dà il sapore
dell’eternità; cf l’ottavo giorno cristiano, nel quale Dio inizia
di nuovo a creare, in Cristo risorto, uomini e mondo nuovi.
- Giorno della gratuità e del
dono, della festa dalla fatica,
anticipazione del regno in cui non ci saranno più bisogni e necessità
della fatica per soddisfarli.
- Occorre «ricordare», far memoria, per celebrare
la continua azione creatrice di Dio, le mirabilia
che continua a compiere nel mondo
e in ciascuno di noi nella vita quotidiana.
4/ Sabato per l’uomo
(Esodo
e Deuteronomio)
- Schiavitù = perenne lavoro; riposo = segno di libertà. Esige attenzione alle
persone, tutte
- Rivendica solidarietà,
fraternità, gratuità = attenzione alla qualità delle relazioni, tra Dio e l’uomo e tra uomo e uomo = «Santificare» è avvicinarsi a Dio e
lasciarsi da lui avvicinare, ma anche prestare attenzione alla qualità
delle relazioni umane. Non il lavoro in sé, né il
riposo da solo, incontri liberanti danno nuova coscienza. Il lavoro umanizza, non
deve schiavizzare. Astenersi dal lavoro è completare
l’opera di umanizzazione dei giorni
precedenti.
- Gli stessi limiti
e proibizioni possono avere un significato. Gli ebrei limitati anche nello spazio – non devono uscire
dal proprio centro abitato oltre un breve tratto. Al
di là del precetto, il simbolo invita a prendere coscienza di ciò
che si vive in famiglia, delle persone con cui si condivide la storia,
anche di quello spazio corporeo che ognuno di noi è, del rapporto con
gli oggetti che lo circondano e con gli spazi privati e pubblici in cui
vive.
La disputa di Gesù con i farisei sul
sabato aiuta ulteriormente a comprendere questo significato.
Dal Vangelo secondo Marco 2,27-3,5
[Dopo una disputa con i farisei Gesù] diceva loro:
«Il sabato è per l’uomo e non l’uomo per
il sabato. Perciò il Figlio dell’uomo è
signore anche del sabato».
Entrò
di nuovo nella sinagoga. Vi era là un uomo che aveva una mano paralizzata, e
stavano a vedere se lo guarisse in giorno di sabato,
per accusarlo. Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata:
«Àlzati, vieni qui in mezzo!». Poi domandò loro: «È
lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del
male, salvare una vita (= una persona) o ucciderla?». Ma
essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato
per la durezza dei cuori (=
mente), disse all’uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e
la sua mano fu guarita.
Il sabato è il giorno
dell’amore misericordioso, di incontri con
segni di speranza e liberazione.
·
Il «Signore del Sabato» non disprezza il
riposo, ma ne indica il significato profondo: imitare la giustizia e
perfezione di Dio (Mt 5,48, cf vv.21-48).
·
Il riposo non è tempo vuoto o pura distensione, ma tempo attivo, nella carità, per mostrare
la lealtà e la fedeltà di Dio verso l’uomo. I liberati, liberi per Dio,
sanno offrire liberazione.
·
Gesù supera le tradizioni umane del semplice
non fare o della pura distensione fisica (Week End)
o della semplice ricerca del mio «star bene».
Così la domenica è per dare
continuità e significato a tutta la nostra opera feriale: incontro con Cristo
e le persone, contemplazione e riflessione, attenzione a sofferenze e
debolezze…
Conclusione
Salmo 8: L’uomo contemplativo coglie nuove domande
e assume responsabilità.
La fede diventa lode al Signore che pone i
suoi segni in tutta la terra
- O Signore, Signore nostro, * quanto è mirabile il tuo nome
su tutta la terra!
- Voglio
innalzare sopra i cieli la tua magnificenza, * con la bocca di bimbi e di
lattanti:
- hai posto
una difesa contro i tuoi avversari, * per ridurre al
silenzio nemici e ribelli.
- Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, * la luna e le
stese che tu hai fissato,
- che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, * il
figlio dell’uomo, perché te ne curi?
- Davvero
l’hai fatto poco meno di un dio, * di gloria e di onore
lo hai coronato.
- Gli hai
dato potere sulle opere delle tue mani, * tutto hai
posto sotto i suoi piedi:
- tutte le
greggi e gli armenti * e anche le bestie della campagna, ù
- gli uccelli del cielo e i pesci del mare, * ogni essere che
percorre le vie dei mari.
- O Signore, Signore nostro, * quanto è mirabile il tuo nome
su tutta la terra!
Padre nostro…
- - - & - - -
11 gen. 2010 Le relazioni familiari
I
legami che ci costruiscono
Un fatto simbolico: il
Pane (cf
articolo riportato alla fine) e le relazioni fondamentali da
coltivare. Non entro nei particolari (si può discutere), ma nella simbologia
da curare, perché prendere cibo insieme ridiventi realtà di
“famiglia”, simbolo di vita condivisa.
Le relazioni
fondamentali: paternità/maternità, figliolanza,
fraternità/“sororità”. Non prive di ambiguità,
con desideri e realtà non attuate, da scoprire e purificare. Tanto da dire:
padre “padrone”, madre “possessiva”, figlio
“viziato”, fratelli “coltelli”. Amore, dono e
aggressività spesso si confondono e si mischiano tra loro. Tuttavia, il simbolo
permane con la sua forza provocatoria: dei legami e
delle possibilità da scoprire e coltivare. Iniziamo con un salmo su Dio
“Padre”.
Salmo 103 (102)
* Benedici il Signore, anima mia, /
quanto è i n me benedica il suo santo nome.
Benedici il
Signore, anima mia, / non dimenticare tutti i suoi benefici… .
* Egli perdona
tutte le tue colpe, / guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita, / ti circonda di bontà e
misericordia,
sazia di beni la tua vecchiaia, / si rinnova come aquila
la tua giovinezza…
* Misericordioso e pietoso è il Signore,
/ lento all’ira e grande nell’amore…
Perché quanto il cielo è alto sulla terra, / così la sua
misericordia è potente su quelli che lo temono;
quanto dista l’oriente dall’occidente, / così
egli allontana da noi le nostre colpe.
* Come è
tenero un padre verso i figli,/ così il Signore è tenero verso quelli che lo
temono,
perché egli sa bene di che siamo plasmati, / ricorda che
noi siamo polvere.
* L’uomo: come l’erba sono i suoi giorni! / Come un fiore di campo, così egli
fiorisce.
Ma l’amore del Signore è da sempre, / per sempre su
quelli che lo temono.
1. Cristo Parola e rivelazione del Padre:
Padri/madri e figli a immagine del Padre e di Gesù
Desiderio e tensione verso una
paternità/maternità spirituale: legittima in ogni persona, padre/madre fisici
e ogni educatore (anche il prete: desidera crescere con la comunità,
condividere fede e carità, qualità e affetto, verificare le capacità di educatore alla vita cristiana, partecipare alla
paternità spirituale con i papà e le mamme che quotidianamente incontra).
1.1. La Parola
descrive la paternità/maternità: è
donata (benedizione e fecondità; il padre benedice), ma anche purificata
(Abramo e Isacco) e ferita (i drammi familiari, cf Giacobbe e i figli
in lotta), conclusa (un esempio è Giacobbe: sa che la morte lo conduce
a “essere riunito al mio popolo”):
«Seppellitemi presso i miei padri nella caverna che è nel campo di Efron l’Hittita, nella caverna che si trova nel
campo di Macpelà di fronte al Mamre, nel paese di Canaan, quella che Abramo
acquistò…». Quando Giacobbe ebbe finito di dare
questo ordine ai figli (aveva dato una benedizione particolare a
ciascuno, poi le predisposizioni per la sepoltura), ritrasse i suoi piedi nel
letto e spirò e fu riunito ai suoi padri. (Gen
49,29-30.33)
* “Ritrasse i piedi”: rigidità della
morte o posizione fetale? In un certo modo ritorna figlio, prossimo a una rinascita e a una accoglienza presso i padri, che lo
hanno preceduto e con i quali si riunisce (non è un caso, forse, che persone
morenti invochino la mamma, quasi per un accompagnamento ultimo, dolce e
affettuoso, verso “sorella morte”). Spesso padre/madre morenti fanno
scoprire lati nuovi e pacificanti.
* “Fu unito ai suoi padri”: la morte
diventa riunione con la famiglia. Morendo il padre fa un ultimo dono, esprime
il legame con i morti e con coloro che lascia sulla
terra. La “memoria” di lui fatta dai figli non è
semplice ricordo nostalgico, fa rivivere la vita, come una “memoria
liturgica”, prolungamento eucaristico con l’offerta ultima
della vita.
1.2. L’esperienza
di Gesù Figlio
«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato
voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei
comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti
del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia
gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena (Gv 15,9-11)».
* Gesù è
legato al padre dall’amore
che tende a un progetto: questo crea la gioia
di vivere. Condivide un «piano» di amore sul mondo =
tutto tende al Padre, alla sua volontà; così nel credente.
* Ne deriva la
totale fiducia nel Padre con la quale conclude
la sua vita (così, Stefano. At 7). Ogni paternità e
figliolanza umana trova la sua realizzazione in Dio,
diventa testimonianza e partecipazione di gioia. La coscienza di essere figli fa gridare/invocare nello Spirito di
Cristo «Abbà, Padre» (Gal 4,7; Rm 8) con la stessa fiducia di Gesù: libera
dall’idea di Dio «padrone» e fa pregare.
Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in
tentazione». Poi, si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio
e pregava dicendo: «Padre, se vuoi allontana da me questo calice! Tuttavia, non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Gli
apparve un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava
più intensamente… Rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli
che dormivano per la tristezza. E disse loro:
ׂAlzatevi e pregate, per non entrare in tentazione» (Lc
22,40-46). Ultima preghiera: Gridando a
gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito
(cf Sal 31,6)» (Lc 23,46).
* Fa assumere
la responsabilità di persone
mature, adulte. Figlio è opposto a schiavo o minorenne: sotto il pedagogo, a
suon di nerbate (Gal 4). Il figlio ha pieni diritti,
è responsabile e in grado di gestire se stesso in piena libertà =
“camminare” secondo Spirito e nel “frutto dello
Spirito” che dà unità alla persona e la rende disponibile a Dio e agli
uomini mediante la carità/agápe (Gal 5).
2. Fratelli a
immagine di Gesù
Fratelli: realtà più difficile,
oggi meno sperimentata o scontata. La Bibbia: i primi esempi sono fallimenti: Caino e la fraternità rifiutata
(mai è chiamato fratello, non riconosce Abele; non elabora il disagio:
colpisce e uccide, Gen 4); Giuseppe e i fratelli riconosciuti dopo un severo
cammino (Gen 37-50).
* Però Gesù ha fondato una comunità di “fratelli” (Mt cf 18), nella quale
diviene modello. Il Figlio riconosce gli altri figli, i fratelli: solidale
con l'umanità, ne accoglie la debolezza. Eb 2,10-12:
Colui che santifica, Gesù, e coloro che sono santificati
provengono tutti da una stessa origine;
per
questo non si vergogna di chiamarli fratelli,
dicendo:
Annunzierò il tuo nome ai
miei fratelli,
in
mezzo all'assemblea canterò le tue lodi (Sal 22,23).
Gesù è
partecipe della fragilità mortale dell'uomo, per questo ha gustato la
morte fino in fondo. In questo modo ha potuto sconfiggere il diavolo «a nome di» e «insieme a» tutta l’umanità, della
quale si è preso cura, dei cui problemi e miserie si è fatto carico.
* Il Figlio
“si fa fratello” anche dello straniero,
del lontano e del peccatore, e lo introduce nella sua famiglia, creando
legami con partecipazione e identificandosi con lui (buon samaritano).
Scoprire la fraternità umana, a iniziare dalla famiglia di origine, significa educarci
insieme ad allargare gli orizzonti,
perché l’esercizio difficile dell’incontro permetta di porci in
relazione con gli uomini nello stesso Spirito del Padre e di Cristo fratello.
* Allora
l’incontro tra fratelli consacra
(olio) e rende feconda (rugiada) la
vita familiare con lo stesso potere della consacrazione e benedizione di Aronne (cf Sal 133).
Salmo 133 (132)
* Ecco,
com’è bello e com’è dolce / che i fratelli vivano insieme!
* È come
olio prezioso versato sul capo, / che scende sulla barba, la barba di Aronne, / che scende sull’orlo della sua veste.
* È come la
rugiada dell’Ermon, / che scende sui monti di Sion.
* Perché là il Signore manda la benedizione / la vita per
sempre.
La
conclusione con il Padre nostro
diventa quanto mai logica questa sera.
Articolo:
"Così si è perso un simbolo di
amicizia" (05.01.2010 - il
Corriere della Sera, pag. 25)
|
Che cosa fare. Enzo
Bianchi: superflue tante varietà,
bisognerebbe scegliere le pagnotte che durano più
giorni.
|
MILANO - No, questa Italia
non è più un Paese di compagni. Da intendersi,
naturalmente, nel senso nobile, etimologico: persone che accettano di
spezzare il pane con noi, facendone «un simbolo della condivisione, del
frutto del lavoro di molti, della solidarietà, della compagnia autentica».
Così la pensa Enzo Bianchi, fondatore e priore della
Comunità Monastica di Bose, nei dintorni di Biella. Che
oggi riflette con dolore («ne sono scandalizzato e ferito») sullo spreco di
un elemento base della spiritualità cristiana.
Si chiede Enzo
Bianchi: che fine hanno fatto le qualità del pane elencate nella
Bibbia?. «Dov’è ormai il pane dell’accoglienza per
l’ospite, quello delle lacrime che evoca le
sofferenze comuni, o il pane della vita che promette un aldilà? E dove sono finiti il pane dell’amicizia o quello
degli angeli?». Tutti spariti, inghiottiti nel buco nero di quei 180 quintali
che ogni giorno a Milano finiscono nella spazzatura, soltanto perché non sono
più fragranti come al mattino.
E fanno pensare, osserva il priore,
«all’opulenza sfacciata che annulla ogni valore, spingendo a buttar via
un alimento senza pensare a coloro che non l’hanno. Ma
denunciano anche l’abitudine cittadina di infornare pane destinato a
durare poche ore, diventando immangiabile già l’indomani. E alludono al lusso incomprensibile e ingiustificato che
spinge a produrne una varietà eccessiva e invedibile, quindici o venti tipi
differenti, giusto per il piacere gratuito di trasformare ciò che sarebbe
necessario in puro superfluo». Facile cogliere un’eco, qui, del tema
trattato da Enzo Bianchi ne Il pane di ieri (un
saggio uscito l’anno scorso da Einaudi) dove il riferimento al passato
non è sintomo di nostalgie pre-industriali e bucoliche, ma allusione al
solido proverbio della civiltà contadina da cui tutti proveniamo: «Il pane di
ieri è buono domani».
Ecco, per Enzo
Bianchi tutto si corrisponde, e il valore del pane coincide con quello
della cultura antica di cui ci nutriamo e della natura moderna in mezzo alla
quale viviamo, in modo da creare una «armonia fra uomo e terra». Il simbolo
del pane, sostiene dunque il priore, «esprime ciò che è necessario per
vivere, ma anche amore per l’ecologia, la quale si esprime anzitutto
nel rispetto rivolto alle cose quotidiane».
C’è anche un ricordo molto
personale, struggente e diretto, nella confessione del priore: una scena che
il suo ricordo ha fermato nel tempo, l’interno della casa di
Castelboglione, nel Monferrato, dove suo padre
esercitava la modesta professione di lattoniere. «In quella casa c’era
una stanza dove si accoglievano le persone di passaggio. Potevano essere i
venditori di carta da lettere, ma anche semplici mendicanti: al centro della
tavola si trovavano sempre una gran forma di pane, una bottiglia di olio e un’altra di vino. Le quali, oltre a
ristorare materialmente l’ospite, esprimevano rispettivamente il
bisogno (il pane), la gratuità (il vino) e il nutrimento (l’olio).
Messe insieme, rappresentavano l’essenziale dell’accoglienza».
Ma dov’è finito il senso profondo di tutto ciò,
che in Enzo Bianchi richiama anche il simbolo biblico della vita dura («ti
guadagnerai il pane con il sudore della fronte)? E
chi si ricorda più, ancora, di quel pane sulla tavola che «richiamava
immediatamente i campi di grano alternati alle vigne, quando il giallo che si
stagliava nel cielo sembrava dilatarsi fino a colorare le tele di Van Gogh?».
Persino la dimensione più alta, la preghiera al Padre che invoca «il pane
quotidiano», gli sembra ormai trascurata, benché «non a caso pane e vino
siano stati scelti per il sacramento cristiano, alludendo agli elementi
essenziali della cultura che serve per produrli». E benché
non ci sia ragazzo di liceo che non ricordi, nel bel mezzo dei
«Promessi sposi», il «non c’è pane» che evoca fame e carestia, e
l’assalto al forno che travolge Renzo Tramaglino.
Ma non tutto è perduto. «Vicino alla nostra comunità,
nei pressi di Bose, un fornaio scalda ancora il forno a fascine, e ci
restituisce con il suo pane la cifra, l’alfabeto della nostra
attenzione alla terra». E domani? «L’esempio
viene dalla Germania, dove negli ultimi anni tanti
sono tornati all’impasto tradizionale del pane, un fenomeno
straordinario che spinge a farlo durare per più giorni. Sono le vecchie
ricette che tornano, la forneria tradizionale a base di segale, pensata per
durare e resistere. Perché condividere con un altro la fame, il desidero di mangiare, è anche il primo impulso
dell’essere umano verso la felicità».
Dario Fertilio
- - - & - - -
08 feb. 2010 Famiglia
Trasmettere i valori
essenziali:
il
rapporto genitori-figli
Il tema ci introduce alle relazioni
educative con problemi particolarmente scottanti e sentiti, talora con senso
di impotenza. L’ultima volta non è stata ricordata la relazione tra
marito e moglie o di coppia tra le fondamentali, ma si è ricordato come la
coppia porti in sé il simbolo della comunità.
Ci soffermiamo ora su alcuni simboli indicativi che permangono e
restano un riferimento essenziale per un rapporto educativo. Naturalmente
restando nel clima della Parola.
1 - Il primo simbolo del rapporto
familiare è la coppia. Il suo stile è il primo momento educativo.
Il Signore
Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo;
voglio fargli un aiuto che gli corrisponda.
Il Signore formò con la costola
che aveva tolta all’uomo, una donna e la
condusse all’uomo.
Allora l’uomo disse:
Questa volta / è osso dalle mie
ossa, / carne dalla mia carne.
La si chiamerà donna, / perché dall’uomo
è stata tolta.
Per questo l’uomo lascerà
suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie,
e i due saranno un’unica carne
(Genesi 2,18.22-24).
* La coppia è segno efficace (lo mostra in
concreto) ed esigente di comunicazione:
uno è il corrispondente dell’altro ha nell’altro il
“rispondente”: alla pari, nel confronto e nel cammino accanto.
* Diventa simbolo della
comunità: la famiglia che ne nasce rappresenta il luogo dove le relazioni fondamentali (paternità, maternità,
figliolanza e fraternità) trovano il terreno in cui crescere e maturare. Così
una comunità cristiana viva, che sia di riferimento costante, è il centro
efficace di educazione cristiana in una parrocchia:
comunità di comunità.
2 - Vi
è poi la casa
dove si condivide la vita. Il vangelo offre il simbolo del cenacolo, luogo di grandi esperienze:
ultima cena e dialoghi con Gesù (Gv 13-27); Tommaso e gli altri davanti alle
apparizioni del Risorto (Gv 20); reciproca testimonianza tra discepoli e Gesù
che mangia con loro anche dopo la risurrezione (Lc 24,35-48); vi avviene la Pentecoste e la
preghiera con le decisioni della comunità – con un solo cuore e
un’anima sola – che li preparano a
uscire per andare a incontrare altri nella piazza (Atti 1-2). Vi acquistano
particolare significato alcuni luoghi.
A) La stanza:
coniugale, dei bambini o del bambino, comune o singola (troppe singole?).
Matteo:
State
attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini…
Quando fai
l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra,
perché la tua
elemosina resti nel segreti; e il Padre tuo, che ved nel segreto, ti
ricompenserà.
E quando pregate, non siate simili agli
ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare
stando ritti, per essere visti dalla gente.
Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e
prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo che vede nel
segreto, ti ricompenserà (Matteo 6,1.3-6).
* Non
nega la preghiera comunitaria (cf Padre nostro).
Qui la camera è il momento della propria
verità davanti a Dio: ascolto di sé e di chi ci vive insieme; si ascolta il respiro prima che le parole, si avverte la presenza, si
condivide lo spazio (è necessario prender coscienza del proprio spazio).
* Dunque
luogo di ascolto reciproco, di silenzio, condiviso e
non imbarazzante, o di silenzi forzati che pongono domande. È luogo anche del
gioco. In ogni caso, luogo della prima socializzazione,
condivisione dell’intimità.
B) In una
casa vi è la sala da pranzo e la
tavola:
La tua sposa come vite feconda /
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’olivo /
intorno alla tua mensa.
Ecco come è
benedetto / l’uomo che teme il Signore (Salmo 128,3-4).
Davanti a me tu prepari una mensa / sotto
gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il
mio capo (= segno di festa e ospitalità); il mio calice trabocca.
Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne / tutti i giorni
della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore / per
lunghi giorni (Salmo 23,6).
Ogni giorno erano perseveranti insieme nel
tempio e, spezzando il pane nelle case,
prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore,
lodando Dio e godendo il favore di tutto il
popolo (Atti 2,46-47).
* I
discepoli si radunavano nello stesso luogo e «unanimi».
Spezzare il pane (quotidiano ed eucaristico) è uno dei segni portanti
per la vita delle primitiva comunità cristiana.
* È
momento fortemente simbolico ed educativo,
di cui oggi non si percepisce forse l’importanza.
«In quella
casa c’era una stanza dove si accoglievano le persone di passaggio.
Potevano essere i venditori di carta da lettere, ma anche semplici
mendicanti: al centro della tavola si trovavano sempre una gran forma di
pane, una bottiglia di olio e un’altra di
vino. Le quali, oltre a ristorare materialmente l’ospite, esprimevano
rispettivamente il bisogno (il
pane), la gratuità (il vino) e il nutrimento (l’olio). Messe
insieme, rappresentavano l’essenziale
dell’accoglienza» (Enzo Bianchi).
* È
simbolo di accoglienza
e ospitalità reciproca: stare insieme, condividendo, accompagnati dalla
presenza di Dio, come avverte Salmo 23 e ribadisce Matteo: «perché dove sono
due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Matteo 18,20).
* È
convergenza di persone diverse, esperienza di diversità e di
unione: relazioni sincere (non ci si avvelena, se la famiglia non è
già avvelenata prima).
* Condividere
con un altro la fame, il desidero di mangiare, è
anche il primo impulso
dell’essere umano verso la felicità. Il simbolo del pane, sostiene
il priore di Bose, «esprime ciò che è necessario per vivere, ma anche amore
per l’ecologia, la quale si esprime anzitutto nel rispetto rivolto
alle cose quotidiane».
* Diventa
aiuto per uscire fuori, come i discepoli che superano la paura e vanno a incontrare e a parlare con tutti. Si erano attardano nel cenacolo per paura, ma lo Spirito li getta
fuori (At 2).
3 -
Subentrano altri simboli necessari, integrativi, globali
e includenti, fuori della casa: la piazza e la strada. Vi si può accostare la scuola:
è all’interno di una casa – là Gesù spiega
le parabole e le cose non comprese –, ma anche fuori: Gesù insegna
“per la strada”, accompagnando e interrogando, entrando nella
vita. Ogni luogo vitale è luogo educativo perché coinvolge.
A) La piazza
alla “porta” della città è luogo di ritrovo e di confronto, più
del bar; luogo di vita sociale, politica e anche giudiziaria: «Come frecce i mano
a un guerriero / sono i figli avuti in giovinezza. Beato l’uomo che ne
ha piena la faretra: non dovrà vergognarsi quando
verrà alla porta / a trattare con i propri nemici» (Sal 128,4-5).
B) La strada
è luogo esposto (si possono fare brutti incontri), ma anche tragitto
necessario per andare altrove e incontrare nuove esperienze: è il
difficile traghetto verso mondi nuovi e diversi, con nuove
esperienze verso la maturità. La strada fa paura: il nuovo, il pericoloso si
annida spesso in luoghi impensati. Mai come oggi i ragazzi sono accompagnati
da ogni parte.
* È
importante allora mettere insieme e far convergere le agenzie educative, per
un confronto efficace e convergente, per apporti nuovi che maturino
scelte. Ci saranno inevitabili pericoli (come le malattie portate a casa
dalla scuola, che spesso fanno ammalare i genitori stessi), ma pericoli
necessari per crescere, che richiedono tempo di compagnia e di confronto.
* La Bibbia propone il viaggio
di Tobia e Rafaele che accompagna
e protegge il giovane insegnandogli le cose necessarie, offrendogli i suoi
consigli a tempo opportuno. Il pesce lo aggredisce, ma gli
insegna a domarlo e a estrargli il fegato con cui guarirà il padre.
Lungo la strada incontrerà la moglie e Rafaele aiuterà la coppia (Tobia e
Sara) a incontrarsi e a salvarsi.
* Oltre
il viaggio di Gesù a Gerusalemme, Luca racconta il cammino di Emmaus (Lc 24,13-35).
«Due (discepoli) erano in
cammino per un villaggio di nome Èmmaus,… e
conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Ma
mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e
camminava con loro… Ed egli disse loro: «Che cosa
sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?»…
Gli risposero: «Ciò che
riguarda Gesù il Nazareno, che fu profeta potente in opere e parole davanti a
Dio e a tutto il popolo, come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno
consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso…».
* Ciò che
narrano è una sintesi del Vangelo vissuto. Gesù si accosta con discrezione,
accoglie e fa compagnia, si inserisce nella loro
vicenda e ascolta, soprattutto “fa raccontare”. Poi spiega
e aiuta a capire: sapremo alla fine che il “cuore ardeva loro in petto mentre parlava”. Rigenera nuovo interesse per
tutto ciò che avevano vissuto.
Trovare spazio per lasciare che ciascuno possa parlare e raccontare e raccontando
riflettere sul senso della propria vita (ragazzi, ma anche adulti e
anziani! Perché tutti devono crescere); con i genitori o
con altri che siano meno coinvolti e più tranquilli, per cogliere problemi e
progetti, per creare o ricreare desideri e avere la gioia di vivere e di
cercare, per sviluppare gli affetti.
* Chi è
sulla strada da solo… è veramente un “ragazzo di strada”
che rischia di essere soffocato perché mancano affetti reali, magari è
abbandonato solo a quelli virtuali!
Proverbio (keniano?): «Da solo
ti perdi nella foresta; in due porti a casa un elefante».
Qohelet (4,9-12) forse pensa al viaggio, più che alla coppia, ma è un
testo aperto:
«Meglio
essere in due che uno solo, perché otterranno migliore compenso per la loro
fatica. Infatti,
se cadono, l’uno rialza l’altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi. Inoltre, se si dorme in due, si sta caldi; ma uno solo
come fa a riscaldarsi? Se uno è aggredito, in due
possono resistere: una corda a tre capi non si rompe tanto presto».
Far convergere le agenzie educative è un
imperativo per educare e condividere le idee e i valori; educare i sentimenti
è un’altra necessità che permette di diventare adulti e non violenti.
Conclusione
Decalogo dell’Amore coniugale e familiare (Bruno Forte).
Questo decalogo,
che ho scritto anni fa insieme ad alcune coppie e
che ha aiutato tante di esse a verificarsi sull’amore e a viverne i
colori, meravigliosi e talvolta difficili, potrà servire anche a Te/a Voi due
come semplice guida a fare un esame di coscienza, che spero sia opportuno e
proficuo.
Te/Ve lo offro come un mio piccolo dono d’amore:
1.
Rispetta la persona dell’altro come
mistero
2.
Sforzati di capire le ragioni dell’altro
3.
Prendi sempre l’iniziativa di perdonare
e di donare
4.
Sii trasparente con l’altro e
ringraziala/o della sua trasparenza con te
5.
Ascolta sempre l’altro, senza trovare
alibi per chiuderTi o evadere da lui/lei
6.
Rispetta i figli come persone libere
7.
Da’ ai tuoi figli
ragioni di vita e di speranza, insieme al tuo sposo/alla tua
sposa
8.
Lasciati mettere in discussione dalle attese
dei figli e sappi discuterne con loro
9.
Chiedi ogni giorno a Dio un amore più grande
10.
Sforzati di essere per
l’altro e per i figli dono e testimonianza di Lui.
Il Signore porti a compimento l’opera bella che ha iniziato in
Te / in Voi…
Come
famiglia di Dio invochiamo: Padre nostro…
O Maria, la tua vita è stata un canto d’amore a Dio
misericordioso e salvatore.
La gioiosa
melodia della tua anima passi di generazione in generazione
e intoni nel cuore degli uomini un Magnificat sempre
nuovo, sempre bello, sempre lieto e giovane.
O Maria, insegnaci la melodia del tuo cuore. Amen.
- - - & - - -
22 mar. 2010 La Cittadinanza
Partecipazione alla
vita sociale: cittadinanza, responsabilità, legalità
«Date a Cesare quel che è di Cesare,
date a Dio quel che è di Dio»
I - Romani 13,1‑8:
Rapporti con l'autorità politica: i doveri verso
autorità civili e verso tutti
«L’organizzazione
della società per la pacifica convivenza è un bene e quindi viene da Dio. in questo senso l’autorità è “al servizio di
Dio” (v.4) così come i suoi rappresentanti o funzionari (v.6). È giusto
quindi pagare le tasse per i servizi assicurati».
1 Ciascuno sia sottomesso alle autorità costituite.
Infatti non
c’è autorità se non da Dio: quelle che esistono sono stabilite da Dio.
2 Quindi chi si oppone all’autorità si oppone all’ordine stabilito da Dio.
E quelli che si
oppongono attireranno su di sé la condanna
3 I governanti infatti non sono
da temere quando si fa il bene, ma quando si fa il male.
Vuoi
non aver paura dell’autorità? Fa’ il bene e ne avrai
lode,
4 poiché essa è al servizio di Dio per il tuo bene. Ma se fai il male, allora devi
temere,
perché non invano
essa porta la spada; è infatti al servizio di Dio per il tuo bene.
Ma se fai il
male, allora devi temere, perché non invano essa porta la spada;
è infatti al
servizio di Dio per la giusta condanna di chi fa il male.
5 Perciò è necessario stare sottomessi,
non solo per
timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza.
6 Per questo infatti voi pagare
anche le tasse:
quelli che svolgono questo compito sono a servizio di Dio.
7 Rendete a ciascuno ciò che gli è
dovuto:
a chi si devono
le tasse, date le tasse; a chi l’imposta, l’imposta;
a chi il timore,
il timore; a chi il rispetto il rispetto.
Il debito supremo
8 Non siate debitori di nulla a nessuno, se non
dell’amore vicendevole;
perché chi ama
l’altro ha adempito la legge.
9 Infatti: Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai,
non desidererai,
e qualsiasi altro
comandamento, si ricapitola in questa
parola:
Amerai il
prossimo come te stesso.
10 La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della
Legge infatti è la carità.
Testo criticato e discusso: amore del quieto vivere? sudditanza al potere, idolatria dell’autorità?
* Aveva parlato dei carismi o doni, come responsabilità verso tutti ora dei doveri sociali, partendo dalla
organizzazione romana = politica (autorità costituita e sottoposti, vv.1-3),
legale (v.4) e delle tasse (vv.6-7). Conclude: agape come debito (vv.8-10), «rivestirsi del Signore»,
conformarsi a lui sempre (10-14). Mi fermo a due aspetti
certi.
1 - Un fatto di coscienza.
La
risposta a Dio deve essere data per Paolo, per fare il bene sempre e con intelligenza. Significa:
a) seguire Cristo, rivestirsi di
Lui e cercare Dio in questo tempo: è un fatto di coscienza per il credente
(13,3-5); b) avere una capacità critica, senza conformarsi al mondo
*
Significa anche opposizione. Non significa separasi o ignorare i
problemi, ma assumere atteggiamento critico; significa anche rispetto,
impegnandosi in tentativi di cambiare le cose negative. Il cristiano, del
resto, deve sempre lasciarsi
trasformare dallo Spirito.
* Perciò, vivere il proprio tempo vigilando, per scoprire le possibilità e le occasioni offerte da
Dio nella storia, mantenendo una fedeltà
incondizionata al proprio ideale
cristiano.
2 - Dunque
lealtà critica.
Non si tratta di assolutizzare lo stato come un dio al quale immolare la
nostra vita, ma di rispettare le funzioni e di vivere nel mondo con
atteggiamento critico e leale,
proprio in forza della dimensione fede che non si identifica con nessuna
forma di politica = Superare
«dormitori pubblici diffusi» e divisioni, per conformarsi insieme al Signore Gesù Cristo.
·
Diversamente dalla
critica aspra contro il potere romano, ravvisato come diabolico
nell’Apocalisse, Paolo preferisce orientare a «fare il bene» inteso
come assunzione morale della responsabilità
civile del cristiano in tutti gli aspetti. Rendere a ciascuno ciò che è
dovuto è dare a Dio e a Cesare senza confusione (cf Lc 20,25). Così Geremia
«esiliati»: «Cercate il benessere del paese in cui vi ho fatto deportare, e
pregate per esso il Signore, perché dal benessere
suo dipende il vostro» (29,7).
·
L’impegno
morale supera l’aspetto puramente penale. «Sottomissione» (Rm 13,1.5)
non per paura della punizione (prigione o multa = la spada per punire i
malfattori), ma per scelta religiosa,
a immagine del Cristo «obbediente» fino alla morte
di croce (Fil 2,8; Eb 5,8), per «compiere ogni giustizia» (Mt 3,15).
·
Principio
direttivo: l’amore reciproco come
«debito», dovuta e da assolvere, fino a tasse e relazioni sociali, senza
schizofrenie tra pubblico e privato.
È comprendere la società (e la chiesa) come «corpo» che funziona con
l’apporto di tutti e delle realtà che riteniamo magari più piccole.
·
Questo richiede una
profonda azione formativa. Ha anche il coraggio di esigere
dall’autorità di essere giusta, come a suo
tempo fece il vescovo Oscar Romero, rimettendoci la vita. In
attesa che la chiesa riconosca ufficialmente il suo “martirio”
(così Bonhoeffer).
II – Filippesi: Parla del cristiano «cittadino».
Paolo, cittadino romano, non
esibisce il titolo più di tanto, ma ne ha piena consapevolezza = senso di
libertà, responsabilità, creatività, per il benessere della polis.
·
Propone la cittadinanza. Più che quella romana,
che pure rivendica di fronte a chi l’ha colpito ingiustamente (At 16,37-39), la «cittadinanza in cielo» (Fil 4,20). Non
distoglie dall’impegno, ma orienta a un
comportamento che pone scelte davanti a Dio e Cristo che ci giudica.
·
Un’altra
espressione richiama la cittadinanza: avere un «comportamento degno del
vangelo» (lett. vivere da cittadini, comportamento in società/pólis) = attingendo al vangelo
l’impegno quotidiano, tenendo salda la parola di vita, cercando non
l’interesse proprio ma anche quello degli altri (2,1-17).
·
Anzi
il Vangelo impegna la ricerca e la
realizzazione di tutto ciò che è vero, giusto, puro, amabile, onorato,
ciò che è virtù e merita lode anche presso gli uomini (4,8).
Dal Salmo 25/24 (Amore e verità, rettitudine e bontà:
attesa di ogni uomo. Chi, se non Dio, potrebbe
insegnarne le strade?)
Fammi
conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami
nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza
Buono
e retto è il Signore, indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia, insegna ai poveri la sua
via.
Tutti
i sentieri del Signore sono amore e fedeltà
per chi custodisce la sua alleanza e i suoi precetti.
Il
Signore si confida con chi lo teme:
gli fa conoscere
la sua alleanza.
Gloria…
Ricordo. Dal Sirácide: la città è costruita dall’opera di tutti
(Coloro che fanno
i lavori manuali) confidano nelle proprie mani, e ognuno è abile (= saggio e
competente) nel proprio mestiere. Senza di loro non si costruisce una città,
nessuno potrebbe soggiornarvi o circolarvi… Essi consolidano la
costruzione del mondo, e il mestiere che fanno è la loro preghiera
(38,31.32.34). (Lo scriba) ricerca la sapienza, conosce le disposizioni delle
leggi, svolge il suo compito fra i grandi, lo si
vede tra i capi… sperimenta il bene e il male in mezzo agli uomini,
comunicherà la dottrina del suo insegnamento (39,1.4.8).
12 apr. 2010 La Cittadinanza
Integrazione: culture
e modi di vita diversi,
scontro
o ricchezza da condividere?
Non affronto le
problematiche, solo dei testi, da scegliere. Sul tema in generale, cf
appendice.
Pentecoste: Atti 2,3-12 - Le molte
lingue e l’unica lingua: Pentecoste e Babele - due paradigmi
[3] Apparvero loro lingue come di fuoco, che
si dividevano e si posarono su ciascuno di loro,
[4] e tutti
furono pieni di Spirito santo
e cominciarono a parlare
in altre lingue, come lo Spirito
dava loro il potere di esprimersi.
[5] Vivevano allora in Gerusalemme Giudei
osservanti, di ogni nazione che
è sotto il cielo.
[6] A quel rumore, la folla si radunò e
rimase sbigottita perché ciascuno li
udiva parlare nella propria lingua.
[7] Erano stupefatti e, fuori di sé
per la meraviglia, dicevano:
«Tutti
costoro che parlano non sono forse Galilei?
[8] E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa?
[9] Siamo Parti, Medi, Elamiti;
abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della
Cappadocia, del Ponto e dell’Asia,
[10] della Frigia e della Panfilia,
dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene;
straneri di Roma, [11] Giudei e proseliti,
Cretesi e Arabi,
e li udiamo parlare
nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».
[12] Tutti erano stupiti e perplessi,
e si chiedevano l’un l’altro: «Che cosa
significa questo?».
[13] Altri invece li deridevano e dicevano: «Si sono ubriacati di vino dolce».
Babele: Genesi
Tutta la terra aveva un’unica lingua e uniche parole. 2 Emigrando dall’oriente, gli uomini
capitarono in una pianura nella regione di Sinar e vi si stabilirono. 3 Si
dissero l’un l’altro: «Facciamoci
mattoni e cuociamoli al fuoco». 4 Poi dissero: «Venite costruiamoci una città
e una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci
un nome, per non disperderci su tutta la terra (= l’ordine di Dio).
Ma il Signore scese a vedere… 7 Scendiamo dunque e confondiamo la
loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua
dell’altro. 8 Il Signore li
disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città.
Per questo la si chiamò Babele
(Babel/Babilonia), perché là il Signore confuse
(balal) la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.
Universalità
cristiana, in che senso? E la diversità? Testi da
Paolo.
*
Diversità e unità:
1 Corinzi 12
4 Vi sono diversi
carismi, ma uno solo è lo Spirito;
5 Vi sono diversi
ministeri (servizi), ma uno solo è il Signore;
6 Vi sono diverse
attività, ma uno solo è Dio che opera tutto in tutti.
7 A ciascuno è
data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune:
8 a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il
linguaggio di sapienza; a un altro invece dallo stesso Spirito, il linguaggio
di conoscenza;
9 a uno, nello stesso Spirito, la fede….
11 Ma tutte queste
cose le opera l’unico e medesimo Spirito distribuendole a ciascuno come
vuole...
31 Desiderate
intensamente i carismi più grandi. Allora vi mostro la via più sublime: la Carità magnanima,
benevola, non invidiosa,
non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, ma si rallegra
della verità
*
La fede e i figli di Dio – universalità e unità:
Galati 3,26-28
26 Tutti voi siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, 27 poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete
rivestiti di Cristo.
28 Non c’è
più Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e
femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù (o altra versione: tutti siete di Cristo Gesù).
Colossesi 3,9-11
9 Non dite
menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le
sue azioni 10 e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena
conoscenza (morale), a immagine di Colui che lo ha
creato (diversamente da Adamo che cercava il bene e il male fuori della
volontà divina).
11 Qui non vi è
Greco o Giudeo, circoncisione o in circoncisione,
barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto in tutti.
*
Riconciliazione e integrazione in Cristo, superamento delle divisioni:
Efesini 2, 13-19
13 Ora, invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate
lontani, siete diventati vicini grazie al sangue di Cristo.
14 Egli infatti è la nostra pace, colui che dei due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione
che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne…
15 per
creare in se stesso, dei due, un solo
uomo nuovo, facendo la pace,
16 E per
riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della
croce, eliminando in se stesso l’inimicizia.
17 Egli è venuto ad
annunciare pace a voi che eravate lontani (= gentili pagani)
E pace
a coloro che erano vicini (= Giudei).
18 Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci gli uni e gli altri al Padre
in un solo Spirito.
19 Così voi non
siete più stranieri né ospiti, ma siete
concittadini dei santi e familiari di Dio, 20 edificati sopra il
fondamento dei degli apostoli e dei profeti (= i
primi testimoni e predicatori del vangelo), avendo come pietra d’angolo
lo stesso Cristo Gesù.
Luca
10,30.32-37 (cf Caino e Abele: il fratello
rifiutato)
Un
“uomo” scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei
briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero
a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto… un samaritano, che
era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece
vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla
cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui…. Disse
all’albergatore: “Abbi cura di lui”… chi di questi
tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è
caduto nella mani dei briganti? … chi ha avuto(fatto)
compassione di lui. Gesù disse: “Va’ e anche tu fa
così”.
Preghiera al Padre
di tutti che ama giusti e ingiusti
Ricordo finale: «Bene è dare realtà alle persone e alle
cose» (Simone Weil).
Appendice:
Intervento
della prof. Monica Simeoni al Meic (movimento ecclesiale di
impegno culturale)
QUALE
PROGETTO PER UNA NUOVA CITTADINANZA?
Progetto è qualcosa che noi stiamo organizzando con alcune
premesse, per raggiungere determinati obiettivi. Parliamo di nuova cittadinanza, perché oggi la
situazione è cambiata rispetto alla classificazione di T.H. Marshall
(formulata a metà dell’ottocento in Gran Bretagna, con la nascita del Welfare), che aveva distinto nella cittadinanza i
diritti civili, politici e sociali, da acquisire in modo consequenziale,
prima i diritti civili, poi di seguito gli altri. Questa distinzione rimane vera, ma oggi assistiamo a una “Rivoluzione
Copernicana”, la rivoluzione della post-modernità che stiamo vivendo.
Il Welfare deve essere rimodellato a seconda dei nuovi attori sociali presenti ora, non solo
in Europa. Come vivere allora il secolarismo contemporaneo? Come vivere la
laicità contemporanea? La relazione procede scegliendo tre ambiti di
riferimento: intercultura, pluralismo
religioso e civile e cittadinanza attiva.
MULTIETNISMO E INTERCULTURA
Tutte
le società contemporanee, non solo europee, sono ormai interetniche. Il multietnismo è oggi una realtà,
perché minoranze di etnie differenti sono presenti
all’interno di ogni stato nazionale. Come gestire questa realtà? Quale
società costruire? Il multiculturalismo
e l’intercultura si propongono di trasformare questa realtà in progetto, costruendo
una nuova società democratica, con all’interno etnie e culture
differenti. Questo è un problema anche legislativo. Come gestire questa
situazione? Ci sono nel mondo vari approcci e tentativi di soluzione, che
attraversano gli schieramenti, senza esiti definitivi, perché il problema è
ampio, generalizzato, complesso e le contrapposizioni ideologiche non sono
più proponibili. Bisogna avere il coraggio di dire che
il multietnismo è irreversibile. U. Beck, in “L’era delle e” afferma
che non siamo più nell’era dell’Aut Aut, ma delle “E - E”, cioè dobbiamo cercare di
vedere cosa accettare e cosa rifiutare nelle proposte culturali diverse. Il
problema è, però, che nella maggioranza della popolazione del mondo che vive
nelle grandi città, in Italia a Milano e Roma, cresce la reazione emotiva, e
la razionalità di Cartesio rischia la sconfitta. L’emotività e la paura
creano un problema, che non va gestito solo nell’emergenza, sotto
l’impressione di qualche fatto di cronaca nera, ma con la legislazione
ordinaria dello stato. Bisogna cercare di progettare, sapendo che ovunque nel
mondo, oggi, non esistono metropoli sicure, come testimonia il film di K.
Lonach, In questo mondo libero. Il
problema è mondiale e le situazioni sono molto complicate e gravi, nelle
periferie di Roma, di Milano, ma anche di Londra, ( La
Repubblica 23/01/08, La
Londra dei ricchi
e poveri un muro tra centro e periferia).
Problema. Nel nostro paese, al NORD e al SUD, ci sono realtà
diverse, sia dal punto di vista economico che culturale. Il sociologo W. F.
Ogburn, nei primi anni del novecento, riflettendo sul sud degli Stati Uniti,
sosteneva la teoria del Ritardo Culturale, e affermava che, quando la società
si trasforma velocemente non altrettanto avviene
nell’ambito dei valori: la cultura tecnologica e produttiva si sviluppa
con maggiore rapidità rispetto a quella morale e relazionale, che si deve
adattare alla prima. Si citano le analisi di due autori, R. Guolo e I.
Diamanti, che segnalano come nel nostro ricco Nordest gli immigrati
s’inseriscano meglio, ma sono presenti anche reazioni emotive che
cozzano contro la razionalità della realtà. È significativa
la delibera al comune di Milano di L. Moratti, che nega la frequenza della
scuola ai bambini stranieri clandestini, contro il decreto dell’Unesco
che stabilisce che tutti i bambini hanno diritto all’istruzione. Si
ricorda anche l’articolo di G. A. Stella, nel Corriere della Sera del 23/01/08
sulla condizione dei bambini italiani illegali in Svizzera (circa 30.0000)
negli anni Settanta e Ottanta. Il Nord, che è passato dalla fame alla
dieta, dimentica il suo passato drammatico di povertà e di emigrazione.
Si può anche capire dal punto di vista emotivo, ma bisogna cercare di andare
oltre.
Identità e differenza. Come gestire la propria identità? L’identità
implica anche differenza. Non esistono identità pure, culture pure. Dice F.
Botturi: “L’identità è
sempre differenziale ed è altro per altra identità”. Questo è un
concetto profondamente cristiano: non esistono al mondo due persone che siano
state create uguali. Il problema è l’uguaglianza dei diritti, basata
sulla diversità dell’identità. Occorre costruire una identità ponte tra situazioni differenti da attraversare. Un
sociologo americano, che ha studiato molto la realtà del suo paese, R. Putnam,
ha fatto, nel 2000, una bella indagine sui gruppi
multietnici, osservando che la società americana, tradizionalmente
comunitaria, perché nata dall’incontro di varie culture, sta diventando
individualista, si gioca da soli, Bowling
alone il titolo del suo libro; infatti la presenza di varie etnie crea
paura, non solo nei confronti dei diversi, ma anche tra simili. Alcuni autori
spiegherebbero così il motivo per cui in una società
multiculturale, poco coesa, non è possibile avere un Welfare tradizionale di tipo europeo (in crisi ora anche in
Europa). Su questo aspetto c’è una riflessione
di A. Giddens che evidenzia come
la comunità, che noi stiamo costruendo nel nuovo progetto di cittadinanza,
non è, come nella vecchia società coesa del passato, una comunità dovuta alla
prossimità fisica, ma un progetto che noi scegliamo di costruire con persone
etnicamente differenti da noi.
Diritto. Come costruire questa nuova cittadinanza? Uno degli
aspetti più importanti è il diritto. G. Zagrebelsky, in La virtù del dubbio, osserva che il diritto, che è frutto della
cultura di una società, si trasforma, in presenza di
altre identità. In parte ciò già avviene in paesi, come la Germania,
in cui l’immigrazione è più consistente rispetto all’Italia, che
è un paese giovane, per la prima volta alle prese con questa situazione. Il
problema della legalità, suscitato in questi giorni dalla criminalità
immigrata, ha fatto emergere lo scarso senso dello stato, presente nella
società civile italiana, una forma di lassismo, che ha radici storiche
conosciute. Giacomo Leopardi, nello Zibaldone, scrive ”Gli italiani non hanno costumi
ma usanze, così tutti i popoli civili che non sono nazioni”.
E l’antropologo C. T. Altan: “È mancato all’Italia l’anello
di passaggio dalla società feudale a quella fondata sul valore dello stato
assoluto”. È vero che non c’è in Italia la certezza del
diritto, ma perché il problema è emerso solo ora? Quale diritto in una
società multietnica, con la presenza di un islam, ma anche diritti civili al
plurale? Nella sua ultima enciclica, Spe salvi, § 29,
il Papa dice: “ Anche le
strutture migliori funzionano soltanto se in una comunità sono vive delle
convinzioni che siano in grado di motivare gli uomini ad una libera adesione
all’ordinamento comunitario. La libertà necessita
di una convinzione: una convinzione non esiste da sé, ma deve sempre essere
riconquistata comunitariamente”.
Una
società interetnica è una società con un nuovo modello democratico e statale, non “Con uno stato neutrale”, come
asserisce F. Viola, “ma imparziale”. La cittadinanza è un progetto, una
condivisione su alcuni valori da ricostruire insieme alle pluralità esistenti
nel nostro paese, modificando, in parte, anche il diritto, mediandolo: J.
Habermas parla di Patriottismo costituzionale. Noi occidentali abbiamo
alcuni ordinamenti giuridici da cui partire. A questo proposito viene citata La
carta dei valori di G. Amato, poco conosciuta, ma molto significativa per iniziare questa mediazione tra i valori
più importanti. Bisogna, però, anche fare attenzione
al ruolo dei Mass Media. Nel
discorso pronunciato nella giornata delle Comunicazioni sociali il Papa ha coniata questa nuova parola, infoetica, perché sempre più il medium diventa portatore di un
messaggio: quale? Necessita un vaglio critico. Per
esempio, quando è stato pubblicato il dato che solo il 10% della violenza
sulle donne è opera di stranieri e che l’80%
si consuma in famiglia, i mass media non hanno dato il giusto risalto alla
notizia.
PLURALISMO RELIGIOSO E CIVILE E LA LAICITÀ
Oggi
la politica è debole e le religioni sembrano forti, ma è necessario fare
attenzione ai modi con cui il messaggio viene
veicolato. Dice Enzo
Bianchi: “Abbiamo
bisogno di discepoli evangelizzati non militanti evangelizzatori”.
No, quindi, alla contrapposizione. Interessante anche il pensiero del
sociologo Oliver Roy, che fa un’analisi non solo
del mondo islamico, ma di tutto il mondo religioso e afferma che oggi il legame
intrinseco tra religione e cultura è spezzato e c’è, quindi, il rischio
del fondamentalismo, sia islamico che cristiano. Negli ultimi due numeri del
2007 della rivista Reset (Dicembre) è affrontato il tema del
ruolo che deve avere la religione all’interno degli stati nazionali.
Nelle società occidentali c’è un pluralismo religioso. J. Habermas
stesso, pensatore laico, dice che bisogna dare una
voce pubblica alle religioni. Il problema è, però, saper distinguere tra
sfera pubblica e sfera istituzionale. Questo ci
obbliga ad operare una mediazione. Michele Nicoletti, ex presidente della
FUCI, scrive in uno degli articoli di Reset, che la
chiesa deve promuovere un ethos democratico, ma anche le condizioni
perché ciò accada. E il premio Nobel Natalia
Sen, sulla stessa linea, sostiene che la democrazia non consiste solo nel
fare proclami di tipo ideologico, ma deve anche promuovere le condizioni e
fare delle scelte. A. Galeotti, poi, studiosa della realtà del diritto
tedesco, aggiunge che “Le
convinzioni personali, anche religiose, devono essere presentate in termini
di ragioni pubbliche”. Mediazione e compromesso sono quindi termini
che hanno un valore positivo, perché danno una
visione reale della storia e della secolarità in cui siamo inseriti. Il
contrario del compromesso è il fanatismo (Amos Oz).
CITTADINANZA ATTIVA
Su
questo punto sta cambiando faticosamente anche la legislazione. Ne è un esempio la riforma del Titolo V della
Costituzione, là dove viene introdotto il concetto di sussidiarietà
orizzontale: non ci sono solo
amministrati, ma cittadini attivi.
CONCLUSIONI
Abbiamo
una globalizzazione inclusiva (economico-finanziaria) e una
esclusiva, quella sociale. R.D. Putnam, nell’esaminare questa
realtà, individua un tentativo di soluzione e dice”L’obiettivo di sentirsi a proprio agio con la diversità non
sarà né semplice né di rapida soluzione, ma potrà essere agevolato dai nostri
sforzi collettivi, che alla fine saranno più che ripagati. E pluribus
unum rispecchia perfettamente tale
obiettivo: la creazione, cioè, di una nuova unità
dalla diversità dei tanti!” Costruire una nuova cittadinanza è difficile
e ci saranno molti problemi. Pensiamo alla presenza di studenti stranieri
oggi nelle scuole, al ruolo delle seconde e terze generazioni, che sono già cittadini
italiani. Se è vero che nessun paese europeo ha trovato finora la chiave per
riuscire a risolvere questo problema, il fatto che il nostro paese per tanti
motivi storicamente è
arrivato in ritardo, può essere positivo, perché, non sposando nessuno dei
progetti sperimentati finora altrove e spesso falliti, può trovarne uno
nuovo, partendo dalla sua storia e dalla sua tradizione, per cercare di
costruire un ponte tra culture differenti e dare vita a una nuova cittadinanza.
10 mag. 2010 Sintesi del cammino compiuto
= = = = = = = = = = = = = = = = { = = = = = = = = =
= = = = = =
Seconda Meta: SOLIDALE
“Domeniche della
Solidarietà”
per rendere sempre più viva testimonianza di carità
in uno STILE DI VITA SOLIDALE
1a DOMENICA DI
SOLIDARIETA’: 29 NOVEMBRE 2009
Il Consiglio
Pastorale Parrocchiale propone una piccola, ma
concreta, azione di solidarietà che ci permetterà di dimostrare attenzione al
bene comune.
In questa domenica daremo attenzione al creato,
accogliendo la proposta della Commissione diocesana sui “Nuovi stili di
Vita” dal titolo: Metti in moto i piedi. Si tratta di usare i piedi per raggiungere la chiesa per la messa
domenicale: proviamo a rinunciare all’auto, prenderci un po’ di
tempo e fare la strada verso la chiesa camminando
insieme per una “mobilità sostenibile, possibile e anche
salutare”.
2a DOMENICA DI
SOLIDARIETA’: 20 DICEMBRE 2009
>>>
Attenzione al CENTRO INTERPARROCCHIALE DI SOLIDARIETA’
Questa
realtà è nata nel 2007 dopo alcuni anni di riflessione da parte di alcuni
laici e presbiteri del nostro Vicariato. L’idea di partenza era quella
di sensibilizzare le comunità alle povertà umane, economiche e di relazioni,
per educarle a vivere la carità. Ha come “gesto specifico” quello
dell’ “ASCOLTO” di chi ha bisogno,
per farlo incontrare con chi ha qualcosa da offrire. Ha sede nel centro
parrocchiale di Bresseo-Treponti ed è aperta al
martedì. In questi anni ha aiutato economicamente alcune
famiglie, ha distribuito generi alimentari e vestiario anche grazie
alla nostra Caritas.
Domenica 20 dicembre lo conosceremo meglio e lo sosterremo con
un’offerta che raccoglieremo durante le S.
Messe. Vi chiediamo anche di portare alimenti a lunga scadenza (riso,
zucchero, olio, prodotti per l'igiene personale e la pulizia della casa,
alimenti in barattolo). GRAZIE
3a DOMENICA DI
SOLIDARIETA’: 31 GENNAIO 2010
- SOLIDARIETÀ AI FRATELLI DI HAITI: “Non
si faccia mancare a questi fratelli la nostra solidarietà”. Con queste parole Papa Benedetto XVI ha lanciato, mercoledì 13
gennaio al termine dell’udienza generale, un accorato appello alla
concreta solidarietà della comunità internazionale. “Se è
sempre importante camminare insieme, davanti a questa tragedia diventa un
imperativo umano ed evangelico - ha
detto il Cardinale di Milano Dionigi Tettamanzi - condividere le nostre risorse”. Ci sono momenti in cui
dobbiamo ricordarci di quanto siamo fortunati, di ringraziare il Signore e di
fare tutti gli sforzi possibili per aiutare chi ha
più bisogno di noi.
Domenica 31
gennaio raccoglieremo offerte per questa popolazione da portare alla Caritas
di Padova che ha risposto all’appello della Caritas Italiana.
- ATTENZIONE
all’ACQUA: Perché proteggere
l’acqua? Perché
usarla con parsimonia? Cosa limita la nostra
possibilità di usare l’acqua? Negli ultimi secoli molte cose sono
cambiate e, se la quantità d’acqua sulla Terra è rimasta
complessivamente la stessa, sempre meno acqua si trova in una forma adatta a
soddisfare i nostri bisogni fondamentali come bere, cucinare, lavarsi. E’
dunque l’acqua potabile, di elevata qualità,
la risorsa da proteggere e utilizzare con parsimonia perché minacciata
dall’inquinamento, dal cambiamento del clima, dall’urbanizzazione
e cementificazione del territorio.
Il Papa ha titolato il
messaggio per la
Giornata Mondiale della Pace del 01 gennaio 2010 “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”. Se la creazione è l’inizio e
il fondamento di tutte le opere di Dio l’acqua
ne è l’elemento primario e la sua salvaguardia diventa essenziale per
la pacifica convivenza dell’umanità.
Se poi ci aggiungiamo che
nel nostro paese il governo ha approvato una legge che privatizza i servizi
idrici l’attenzione diventa ancora più importante: come fare affinché
il mercato non vinca anche in questo campo? Si tratta di imparare a vivere
l’acqua come un bene e a fare di tutto perché non sia trasformata in
una merce.
Concretamente, in questa domenica di solidarietà, vi invitiamo al rispetto dell’acqua, ad usarla con
maggiore attenzione evitando gli sprechi, cercando di “imbroccare”
quella “sana” del rubinetto, in modo da diminuire il consumo di
plastica, un materiale non facile da smaltire.
Un grido:
«Salviamo sorella acqua»
Noi
crediamo che l'acqua è vita! La
vita nasce dall'acqua: l'acqua è il cuore stesso
della vita. L'uomo è acqua che cammina, che pensa.
Per questo noi affermiamo che l'acqua è un diritto
fondamentale dell'umanità, come ribadito da
Benedetto XVI, nella sua enciclica Caritas in veritate, che proclama
l'accesso all'acqua «come diritto universale di tutti gli esseri umani senza
distinzioni né discriminazioni».
Noi affermiamo che l'acqua è essenziale per la vita
di ogni uomo e di tutti gli esseri viventi. L'uomo è
custode delle risorse idriche, che devono essere garantite a tutte le
creature. A tutte le donne e a tutti gli uomini devono essere assicurati
l'accesso all'acqua e la quantità utile a garantirne la vita di almeno 50 litri al giorno, come sancito dall'Onu. La mancanza di accesso all'acqua provoca vittime in tutto il mondo.
Noi affermiamo che l'acqua è un diritto delle generazioni
future. L'acqua è una risorsa limitata. Solo una minima parte dell'acqua del
pianeta è dolce e la maggior parte è contenuta nei ghiacciai, oggi sotto
minaccia di sparire per il surriscaldamento terrestre. L'acqua non dev'essere
sprecata e va preservata nella sua qualità. L'acqua
disponibile dev'essere gestita in modo equilibrato, anche a garanzia delle
generazioni future.
Noi affermiamo, proprio qui dalla città di Francesco, uomo di pace,
che l'accaparramento delle risorse idriche genera conflitti e che le future
guerre verranno combattute per l'acqua. Noi
affermiamo che la gestione pubblica dell'acqua è fonte di democrazia e
garanzia di pace tra i popoli.
Noi affermiamo che le politiche dell'acqua devono essere
improntate al rispetto dei principi enunciati e cioè
devono scegliere la via della gestione pubblica delle risorse idriche; devono
sottrarre l'acqua alle leggi del mercato e del profitto, a livello locale,
nazionale e globale, anteponendo alle pressioni delle multinazionali il grido
dei poveri.
Per questo noi condanniamo la decisione del Parlamento
italiano del 19/11/09 di privatizzare l'acqua: è un atto gravissimo che noi
riteniamo immorale.
Per questo noi chiediamo che l'acqua rimanga gestita
esclusivamente e direttamente dalle comunità locali, che hanno da sempre
diritto di garantirne la distribuzione per tutti al costo più basso
possibile.
Per questo noi chiediamo:
- a
tutti i cittadini italiani di sollecitare la convocazione del consiglio
comunale per dichiarare l'acqua un bene di non rilevanza economica e aprire così la
strada alla gestione pubblica diretta da parte dei comuni, escludendo la Spa tra i modelli di
gestione dell'acqua;
- al governo italiano di
escludere l'acqua dall'art. 15 166/09 e di riconoscere l'acqua come diritto
fondamentale degli esseri viventi;
- a tutte le confessioni religiose e particolarmente alla CEI una
presa di posizione chiara sull'acqua;
- alla società civile di compattarsi per un sempre maggiore impegno
nella difesa del diritto all'acqua.
Messaggio dei giovani
riuniti ad Assisi
per il 64° Convegno della Pro
Civitate Christiana
dal titolo: “Il Sasso
nell’acqua” (Settimana,
2-2010, p. 7)
4a - 5a DOMENICA
DI SOLIDARIETA’: 28 feb. e 28 mar. 2010
Colletta quaresimale: i risparmi di tutti i nostri “digiuni”
quest’anno saranno inviati in Ecuador
a sostegno di un progetto dei Padri
Giuseppini a ricordo di padre Luigi Rizzo.
|